La pandemia ha accelerato fenomeni che stavano già accadendo nel mondo: l’egemonia del commercio elettronico e del lavoro a distanza, la prevalenza della vita virtuale su quella reale. Purtroppo, tra questi aspetti c’è anche l’impoverimento dei rapporti umani, il degrado silenzioso delle relazioni sociali. Naturalmente non è un fenomeno nato con il Covid. Risale a quando abbiamo iniziato a svuotare i luoghi di incontro: le piazze, i centri storici, i borghi, le parrocchie, le sezioni di partito.

Erano luoghi in cui si imparava a conoscersi e a confrontarsi, ad ascoltare gli altri. A questo si aggiunge il crollo della cosiddetta “buona educazione”, il dilagare dell’idea per cui rivolgersi al prossimo con rispetto è considerata una forma di debolezza e dare del “tu” anche a chi non si conosce è un gesto di avanguardia. La pandemia ha desertificato il tessuto urbano delle nostre città, tra chiusure fisiche imposte dal lockdown e pesanti ricadute occupazionali.

Ha desertificato l’animo delle persone, stanche e psicologicamente provate. Ha portato un carico di sospetto, paura, diffidenza. Eppure l’anno che abbiamo appena lasciato alle spalle, ha avuto (almeno) un merito: quello di averci riportato, anche bruscamente, con i piedi per terra. L’immagine simbolo è quella di Papa Francesco che il 27 marzo scorso, nella piazza San Pietro deserta e bagnata dalla pioggia, ci ricordava che “nessuno si salva da solo”. Nel 2021 un po’ più di umiltà non guasterebbe, insieme a una nuova solidarietà nei confronti di chi è stato colpito dalle conseguenze economiche e sociali della pandemia. Un nuovo patto di cittadinanza. Anche perché non si può pensare davvero che la salute non abbia un costo, né che ci si possa indebitare tutti senza limiti, con uno Stato “prestatore di ultima istanza” sempre pronto a sussidiare.

Se l’anno che inizia oggi si fosse aperto senza la prospettiva di una vaccinazione di massa, lo scenario sarebbe stato assai più cupo. Invece, la vaccinazione di massa sarà il sigillo di questo nuovo patto di cittadinanza. L’architrave di una nuova società. “E’ il tempo dei costruttori” come ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel consueto messaggio di fine anno. Un altro tipo di solidarietà, che dovremmo recuperare nel 2021, è quella fiscale.

Porto un piccolo ma significativo esempio che riguarda due giovani tennisti italiani, noti al grande pubblico. Entrambi hanno deciso nel corso del 2020 di fissare la residenza a Montecarlo, chiamandosi fuori dalla comunità nel momento del bisogno. Come se fossero esentati (o comunque non tenuti) a contribuire a quella comunità che li ha cresciuti, anche sportivamente.

Naturalmente non c’è una legge che impedisce agli italiani di trasferire la propria residenza a Montecarlo (mentre non è consentito, ad esempio, ai cittadini francesi). C’è però la considerazione che i proventi fiscali servono anche ad acquistare macchinari per le terapie intensive e sub intensive, dove vengono assistiti i pazienti. L’idea che il Welfare State non è dato per sempre. Certo, combattere il Covid è difficile, ricostruire sarà complicato, ma prendersi cura dei propri comportamenti (anche fiscali) e non rassegnarsi al degrado dei rapporti sociali dipende solo da noi.

Buon anno a tutti.