Abitare nella possibilità. Una newsletter de La Civiltà Cattolica

 

Mariano Iacobellis S.I.

Subito dopo l’uscita di Don’t Look Up nei cinema, e soprattutto dopo il successivo approdo su Netflix, la commedia satirica del regista Adam McKay è diventata un argomento di accese discussioni nei social network e di grandi divisioni tra i critici, che per lo più l’hanno stroncata. Il film, che ha un cast pieno di attori e attrici celebri ed è costato 75 milioni di dollari, parla di una grande cometa che potrebbe colpire la Terra e annientare l’umanità, nel generale disinteresse di chi dovrebbe provare a prevenire il disastro.


Una metafora molto esplicita sul cambiamento climatico, apprezzata da chi è interessato al cinema che trasmette messaggi di questo tipo, ma giudicata da molti troppo didascalica e grossolana. Ma forse il punto sta proprio qui. Sebbene di film che abbiano diviso la critica, pur avendo avuto enorme successo e finendo per competere agli Oscar, ce ne siano stati parecchi, tuttavia non tutti hanno scatenato un tale livore nei detrattori ed entusiasmo nei sostenitori. Questo succede ai film che hanno «un messaggio», e Don’t Look Up lo ha, eccome. Ed è un messaggio fortemente legato all’attualità e a un tema già ampiamente dibattuto e divisivo di suo.

 

È probabile che chiunque si avvicini al film si sia già fatto un’idea del fenomeno del riscaldamento globale e si approcci a Don’t Look Up con un’opinione ben precisa, politicamente schierata e inamovibile. Chi crede nella catastrofe climatica lo vede come un film profetico e importante, da mettere su un piedistallo. Chi invece la nega lo liquiderà come l’ennesima sparata «di sinistra». Entrambi gli schieramenti lo useranno come prova della loro posizione e proseguiranno a vomitarsi insulti addosso. Prova di questo è il fatto che, spesso, chi commenta una recensione negativa di Don’t Look Up non lo fa argomentando sul film, ma sul fatto che il recensore non ha capito il messaggio importante che il film intende veicolare.


Prendersela con i critici perché hanno bocciato il film equivale, insomma, a perdere di vista il senso della questione: da un lato, ci sono i temi del film, che sono indubbiamente importanti ed è positivo che un film se ne faccia portavoce e abbia così tanto successo, e ci mancherebbe altro! Dall’altra c’è invece un discorso critico sul film in quanto tale, sull’opera d’arte, che può essere riuscita o meno indipendentemente dal tema che veicola.


Sicuramente la durata di oltre le due ore non è giustificata e la regia è un po’ insicura e rende il film confusionario nel complesso. Ma per il fine di far riflettere il mondo sulla sua preoccupante attualità, Don’t Look Up è utile e vale la pena vederlo, nonostante i suoi difetti. Personalmente ritengo che il film di McKay racconti tante verità. È senza dubbio un grido di denuncia verso la società nella quale viviamo. Un’opera che consente quanto meno allo spettatore di mettersi davanti allo specchio per chiedersi: posso ancora fare qualcosa per cambiare in meglio.

 

Guarda il trailer di Don’t Look Up.