“La forza del noi al servizio del Paese e dell’Europa”. L’intervento di Ciani al primo congresso nazionale di Demos.

 

Il congresso si tiene a Roma e riunisce l’area di centro-sinistra le cui “radici, dice il manifesto del partito, “affondano nel cattolicesimo democatico e progressista e nella cultura laica, civica, solidale e anti-fascista”. Di seguito riportiamo il discorso, in versione pressoché integrale, che ha pronunciato ieri il coordinatore nazionale (candidato ad assumere il ruolo di Segretario).

 

Paolo Ciani

 

Nell’ottobre del 2018 in una bella assemblea lanciammo la proposta di un nuovo soggetto politico: qualcosa che partisse “dal basso”; che vivesse la sfida di incontrare e coinvolgere chi era disamorato, stanco, lontano, “respinto” dalla politica. Abbiamo vissuto la “fatica” di farlo in epoca di pandemia, ma anche questo ci ha convinto di quanto fosse giusta l’intuizione di fondo: ricreare reti umane sui territori. Noi infatti crediamo nelle persone, e vogliamo un partito fatto di persone.

 

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Per questo ci siamo messi a costruire un Partito che vogliamo inclusivo, empatico e organizzato. Ci siamo impegnati perché crediamo nel valore della politica e della democrazia. Ci ha preoccupato che si sia svilito il ruolo della politica, insultata, ridicolizzata, banalizzata. Certo, con indubbie responsabilità di alcuni attori in gioco, ma anche con l’incoscienza di credere che della politica si potesse fare a meno e, assieme ad essa, si potesse fare a meno delle regole comuni della convivenza, delle leggi ed in ultima analisi della democrazia stessa, descritta troppo spesso come un fastidioso orpello che appesantisce il decisionismo, il risolvere, il fare. Ma mai dobbiamo dimenticare cosa è la democrazia, conquistata e difesa a caro prezzo in altre epoche storiche, i cui principi e valori vanno riscoperti, raccontati e mai, mai messi in dubbio! Lo diciamo con maggior convinzione oggi, mentre assistiamo a una pericolosa rimessa in dubbio della democrazia, in tanti paesi – pensiamo al rifiorire di colpi di Stato in Africa – ma anche ad alcune realtà in Europa. La democrazia porta con sé sempre un po’ di disordine e di confusione, ma qs non deve spaventarci: è l’unico sistema che garantisca libertà e diritti a tutti. Ma il modello autoritario cresce e affascina: dobbiamo difendere e riaffermare lo spazio comune che è quello della democrazia. Come una piazza delle nostre belle città italiane, in cui tutti possono andare, parlare e incontrarsi, dove nessuno è escluso.

 

Non crediamo nella politica leaderistica, ma in una comunità di persone che facciano da ponte tra istituzioni e popolo. Abbiamo lanciato e creduto in un’idea: “la forza del noi”.

 

Jonathan Sacks ha affermato: “Quando ci spostiamo dalla politica dell’IO a quella del NOI, riscopriamo quelle verità contro-intuitive che trasformano la vita: che un Paese è forte quando si prende cura dei deboli, che diventa ricco quando si occupa dei poveri, che diviene invulnerabile quando si occupa dei vulnerabili”. Quanta verità in queste parole.

 

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L’irruzione della guerra in Europa, il coinvolgimento diretto di una potenza atomica, il riemergere di nazionalismi violenti, chiamano ognuno di noi ad un supplemento di responsabilità. Chiariamo subito un punto: in Ucraina c’è un Paese aggredito e un Paese aggressore il cui Presidente ha scatenato una invasione feroce e violenta. Sappiamo distinguere tra vittime e carnefici, ma siamo preoccupati dalla rapida superficialità con cui in troppi hanno iniziato a parlare di guerra.

 

Siamo preoccupati da una narrazione bellicista, dalla corsa al riarmo, dall’esaltazione e dalla “normalizzazione” della guerra e delle armi; La guerra sta cambiando natura: come è stato detto noi rispettiamo un popolo che resiste ma guardiamo già al dopo. Ciò che definisce le democrazie è il dopo: come sarà la pace? Non ci interessa la vittoria ma la pace. Anche perché l’unica vittoria non può che essere la Pace! Mentre ragionavamo su come ripartire dopo la pandemia, come costruire un mondo nuovo, siamo stati catapultati nel peggiore degli orrori: la guerra

 

Credo che proprio il momento storico che stiamo vivendo ci ricordi l’importanza dell’unità e ci chiami ad essere responsabili costruttori. Ma cosa vogliamo costruire? E’ una domanda semplice, ma troppo spesso ignorata. È stata ignorata quando si è deciso di edificare cementificando ettari ed ettari di terreno, ignorando le conseguenze di un consumo sconsiderato del suolo. È stata ignorata nelle relazioni internazionali, quando si è pensato che fosse sufficiente costruire relazioni mercatiste più che comprendere con chi stessimo intrattenendo quei rapporti.  È stata ignorata quando invece della collaborazione multilaterale in Europa e nel mondo abbiamo scommesso su una logica soltanto competitiva e aggressiva, pensando che ciò non ci avrebbe travolti… È stata ignorata – giorno dopo giorno – pensando di “rimanere sani in un mondo malato” e credendo che il dolore e la disperazione di tanti non fosse un problema nostro. Pensiamo al tema della “3 guerra mondiale a pezzi”: chi ci credeva? Chi lo prendeva sul serio? Chi conosce le vicende della Siria, del Sud Sudan, dell’Afghanistan, del Mozambico, della Libia, dello Yemen? Noi non vogliamo dimenticare, non vogliamo girarci dall’altra parte!

 

Quando è arrivata la pandemia, sono emerse tutte le nostre fragilità. Abbiamo ascoltato Papa Francesco dirci: “Ci troviamo tutti sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”. In tanti hanno detto di essere d’accordo, di condividere. Ma è durato poco.

 

La pandemia ha messo a nudo tanti aspetti della nostra società: enormi disuguaglianze, economia sommersa, ambiguo ruolo dei social, infragilimento della sanità di territorio, emarginazione degli anziani e poi il dramma della mancata socialità con tutte le conseguenze soprattutto sui più giovani.

 

Nell’assemblea del Seraficum Andrea Riccardi ha richiamato la nostra attenzione sulla fine di un rapporto fecondo tra politica e cultura: questo rimane un grave vulnus in un tempo in cui il presentismo e la superficialità la fanno da padroni.

 

Ringraziamento ad Andrea Riccardi, non solo per l’amicizia personale e per come Demos abbiamo deciso di impegnarci con un faro: guardare le città, l’intero Paese, la società, il mondo, dalle periferie e con gli occhi dei più fragili. Perché la realtà si capisce meglio dalle periferie, quelle geografiche ed umane, quelle urbane e quelle globali. E perché siamo convinti che una società a misura di fragili è a misura di tutti. Dalla periferia si capisce bene che un sostegno economico di base è necessario per tanti; e che tanti vorrebbero lavorare.

 

Ma si capisce anche che tanti imprenditori – nell’edilizia, nella ristorazione, nell’agricoltura – cercano lavoratori: e allora è necessario guardare questo fenomeno con occhi nuovi e inventare nuove modalità di incontro di domanda e offerta. Il reddito di cittadinanza è stata una salvezza per molti. Con i dovuti correttivi e miglioramenti, lo difendiamo, come sostenemmo il reddito di inclusione arrivato finalmente dopo anni di proposte e  denunce dell’alleanza contro la povertà. La società civile lo aveva visto prima della politica… Ma manca ancora il vero strumento di incontro tra domanda e offerta.

 

Il mercato va aiutato ma non può fare tutto: l’idea di un mercato onnipotente che risolve tutti i problemi non ci appartiene. Lo sviluppo economico non può essere fine a se stesso, o a beneficio di pochi, ma deve essere funzionale alla crescita del benessere sociale, attraverso il lavoro dignitoso e entro il paradigma della sostenibilità ambientale, sociale e economico/finanziaria.

 

Vediamo l’ingiustizia della disuguaglianza crescente: e siamo convinti che sia cresciuta a dismisura ormai anche all’interno delle singole città dove nascere in un quartiere o in un altro rappresenta un discrimine. La cifra della politica di Demos –sui territori come a livello nazionale- è quella della lotta contro le diseguaglianze: deve essere una tensione permanente della politica puntando a rialzare tutti. La difesa del ceto medio avviene così: con un’attenzione a quando si divarica la società, si spezza socialmente, rende impossibile la mobilità sociale.

 

Così come siamo convinti che chi in un tempo così difficili ha realizzato grandi profitti, e ancor più chi ne realizzerà nell’”economia di guerra” debba essere tassato in maniera diversa e più consistente degli altri. Vogliamo guardare la società con gli occhi delle donne, che al di là di tanti proclami – spesso finti – troppo spesso ancora devono scegliere tra lavoro e maternità, sono sottorappresentate, sottopagate, e ancora troppo vittime di violenza! Basta! E in questo sono fiero che molte delle prime elette e amministratrici di Demos siano donne: grazie a loro!

 

Ci preoccupa lo stato di salute del pianeta: stava nascendo e rafforzandosi una nuova, faticosa consapevolezza. Il contributo di pensiero della La laudato sì, i vertici internazionali, il protagonismo e la volontà dei giovani in ambito ecologico, le implicazioni ambientali della pandemia. Ci siamo impegnati con Demos anche per questo: vogliamo uno sviluppo sostenibile, convinti che “l’ingiustizia che fa piangere la terra e i poveri non è invincibile”. Qualcosa si stava – certo lentamente – iniziando a muovere. Poi questa situazione sciagurata ci ha rigettato indietro e sentiamo parlare di ritorno al carbone… una sciagura.

 

Vorrei dire una parola sull’Europa: per troppo tempo considerata matrigna, dileggiata e minacciata da nazionalismi e sovranismi; certo, probabilmente troppo chiusa nei “palazzi” e troppo eurocratizzata; poco empatica e poco “umana”… ma quanto necessaria! Dobbiamo ripensare e rilanciare l’idea e il bisogno di Europa; l’Europa come protezione: pensiamo al next generation EU; l’Europa deve essere di più una nostra passione, non qualcosa a cui ricorrere in momenti difficili (e menomale che c’è). Il premier Draghi a Strasburgo recentemente ha rilanciato le conferenze intergovernative per riprendere il cammino dell’integrazione. Abbiamo bisogno di qs unità politica: magari si faccia solo con chi ci sta: ma si faccia. Quello che è necessario è un’Europa davvero sociale: con la pandemia ha dato il meglio di sé ed è questo il vero metodo contro ogni demagogia e populismo senza prospettive.

 

Vogliamo combattere la cultura dello scarto. La nostra società è divenuta più attenta (almeno formalmente) ad alcuni diritti individuali, ma sembra aver smarrito lo slancio di passioni e di ideali che hanno portato a grandi conquiste sociali per i lavoratori, le donne, ampi strati della società: penso ad esempio alla chiusura dei manicomi o degli orfanotrofi; e allora oggi noi vogliamo dire che la vita degli anziani e dei disabili non è una vita inutile, non è una vita di scarto e vogliamo lanciare una nuova grande battaglia culturale, umana e politica: la deistituzionalizzazione di anziani e disabili.

 

Diceva saggiamente don Benzi: “Dio ha creato la famiglia, l’uomo ha creato gli istituti”. Liberiamo tanti nostri concittadini dalla solitudine spersonalizzante degli istituti. Il dramma del Covid ha dimostrato drammaticamente l’inefficacia di questi luoghi come luoghi di protezione. E la recente clamorosa inchiesta sulle Rsa in Francia sintetizzata nel libro inchiesta ”Les Fossoyeurs” (i becchini) che ha scatenato stampa, parlamento, governo e giudici, ha mostrato come questi istituti oltre ad essere spesso luoghi disumani, siano sopratuutto macchine per fare soldi. La sola soluzione a questo scandaloso sistema è una “riconversione industriale”: puntare sulla domiciliarità in tutte le sue forme e sull’assistenza domiciliare. In questo potranno aiutarci i fondi del Pnnr e le novità sulla sanità di territorio, che ci auguriamo possa essere il grande momento di svolta per l’integrazione socio sanitaria.

 

Dobbiamo ricominciare a riflettere insieme sull’integrazione euro-mediterranea e su un nuovo modello di gestione dei flussi migratori che non può prescindere dai corridoi umanitari. Nel 2022 non possiamo accettare che si muoia in mare cercando una vita migliore e non si può accettare di finanziare i lager per migranti in Libia.

 

Venendo al dibattitto attuale, c’è la legge elettorale: proporzionale, maggioritaria? Siamo aperti a questo dibattito: ciò che a mio avviso è importante, è lasciare uno spazio nel nuovo parlamento ad espressioni politico sociali diverse. In un Paese dove aumenta l’astensionismo e la distanza dalla politica, il problema è allargare rappresentanza e partecipazione… Noi siamo per una coalizione elettorale larga, inclusiva e non spocchiosa ed escludente. Il dire “se ci stanno loro, non ci stiamo noi” non ci piace… Noi siamo convinti che la principale passione da suscitare sia quella per il bene comune: occorre impegnarsi assieme, con un patto per il futuro comune.

 

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Noi con il Poeta brasiliano Vinicius de Moraes crediamo che la vita sia “l’arte dell’incontro”: un’arte troppo spesso dimenticata, talvolta vituperata, sicuramente troppo poco praticata. Noi siamo stanchi di scontri, insulti, rapporti esacerbati da continue contrapposizioni… sembra esserci un gusto inquietante nel metterci gli uni contro gli altri… noi dobbiamo pensare al bene comune, è il caso di stare insieme bene, in maniera intelligente…

 

Ecco cari amici perché siamo qui, ecco perché ci siamo impegnati e perché vi chiedo oggi di impegnarci ancora e di più! Talvolta ci è sembrato duro, difficile, la politica avvolte ci è sembrata rispondere a logiche e modalità che non amiamo. Ma possiamo cambiarle! Soprattutto vogliamo cambiare la nostra società e questo mondo! E crediamo nella forza della democrazia e della partecipazione. Non vogliamo solo lamentarci di ciò che non funziona o non ci piace, vogliamo e possiamo dare il nostro contributo. Vogliamo vivere in maniera responsabile in questo nostro tempo, senza nostalgie o vittimismi!

 

Come disse Martin Luther King: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla”.

 

Ecco, forse non siamo responsabili di tante cose che non vanno o non condividiamo della nostra società, ma faremo di tutto per cambiarle!

 

Per leggere il Manifesto del partito

https://www.democraziasolidale.it/il-manifesto-di-democrazia-solidale/