Con inusitata leggerezza un noto editorialista della Stampa nei giorni scorsi ha scritto che i “5 stelle potrebbero diventare la nuova Democrazia Cristiana”. 

Ora, chiunque abbia letto quelle singolari e curiose parole credo che abbia fatto un sobbalzo o, addirittura, si è chiesto se c’è ancora un senso e una logica nel commentare la politica italiana di oggi. E questo, come ovvio, nel pieno rispetto di tutte le opinioni. Anche di quelle espresse dal noto editorialista della Stampa. 

E questo per 3 semplici motivi, al netto della profonda diversità storica e della scontata irripetibilità della politica, delle sue dinamiche e dei suoi strumenti concreti, cioè dei partiti. 

Innanzitutto la Dc era un partito profondamente democratico al suo interno. Certo, articolato per correnti organizzate perchè rappresentative dell’interclassismo della società italiana ma che garantivano, al contempo, un vero ed autentico pluralismo politico e culturale. Un partito che contava molti leader e grandi statisti ma che non tollerava al suo interno né i capi, né i guru e tantomeno i padroni. I 5 stelle? Semplicemente l’esatto contrario. 

In secondo luogo la cultura politica del partito. La Dc, certamente in un’altra epoca storica, aveva un chiaro riferimento culturale. Era un partito di ispirazione cristiana si’ ma, soprattutto, era un partito con una solida e riconosciuta cultura politica alle spalle. Il popolarismo sturziano, la tradizione del cattolicesimo sociale e popolare e il filone cattolico democratico erano i fari che illuminavano il suo progetto politico e di governo. Certo, era una stagione politica e culturale dominata dalla contrapposizione ideologica ma sicuramente la Dc non poteva essere accusata di essere un partito liquido, ovvero privo di qualsiasi riferimento ideale e definito. I 5 stelle? Anche qui, l’esatto contrario di quella esperienza storica, politica e culturale. 

Ma è sul terzo aspetto che emerge una radicale separazione. E riguarda la collocazione del partito nello scenario politico. A prescindere dalle fasi storiche a confronto. La Dc è stato un partito di “centro che guarda a sinistra”, per dirla con De Gasperi. Sicuramente è stato un partito riformista, profondamente democratico, con una spiccata cultura di governo, centrale nello schieramento politico e con una linea chiara per quanto riguarda il campo delle alleanze. Ora, confrontare il ruolo, la funzione e soprattutto la collocazione di quel partito con i 5 stelle ci vuole una porzione di fantasia e di spensieratezza alquanto elevati. Non è il caso di infierire. Ma governare saldamente con la destra leghista per 18 mesi e, nell’arco di una manciata di ore, pensare di dar vita ad una alleanza opposta, alternativa e nettamente divaricante rispetto a quella praticata sino a qualche giorno prima – cioè con il nuovo partito della sinistra italiana di Zingaretti e con ciò che resta del vecchio Pci – credo che non meriti ulteriori commenti. 

L’elenco delle diversità potrebbe continuare all’infinito. Come, ad esempio, il confronto tra le classi dirigenti dei rispettivi partiti. Ma su questo terreno i 5 stelle, oggi, sono in buona compagnia con le classi dirigenti degli altri partiti. Ma è sufficiente fermarsi qui. Per arrivare ad una semplice conclusione. E cioè, qualunque confronto o parallelismo tra la Democrazia Cristiana e il partito dei 5 stelle può albergare solo nella mente di qualche marziano o di qualche osservatore distratto e del tutto avulso da ciò che è stata la politica italiana ieri e ciò che è oggi. 

Per dirla con termini ancora più semplici e comprensibili, tra la Democrazia Cristiana e i 5 stelle non è possibile alcun confronto perché sono su pianeti diversi. Ogni altro commento e’ puramente superfluo.