Non si è mai visto un partito che, nell’arco di appena 3 anni, ha rinnegato radicalmente, sistematicamente e scientificamente tutto ciò che ha predicato, urlato, sbraitato e giurato in tutte le piazze italiane per anni. Ebbene, quali sono le ragioni che spingono un partito storicamente di potere e governista come il Pd ad individuare nel partito di Grillo e di Conte l’alleato “strategico” se non addirittura “storico” per costruire una prospettiva riformista e di governo nel nostro paese?

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Lo possiamo dire, seppur a bassa voce, perchè viviamo, appunto, in un tempo per certi aspetti drammatico? Sì, diciamolo allora. Per fortuna ci sono i 5 Stelle nella politica italiana che, se non altro, ci permettono di fare quattro risate quando si parla e si discute di politica. Certo, quattro risate per modo di dire perchè quando si parla dei 5 Stelle e del loro cosiddetto progetto politico, non possiamo non riandare con la memoria al marzo del 2018 quando il partito populista di Grillo ha ottenuto il voto di un italiano su tre. La parola d’ordine, il progetto politico e di governo di questo partito si racchiudeva, come tutti sappiamo, in una grande promessa e in una valorosa speranza per tutti i cittadini italiani: “vaffanculo”.

Ora, com’è finita quella storia è sotto gli occhi di tutti. Non si è mai visto un partito che, nell’arco di appena 3 anni, ha rinnegato radicalmente, sistematicamente e scientificamente tutto ciò che ha predicato, urlato, sbraitato e giurato in tutte le piazze italiane per anni. Un voltafaccia di dimensioni bibliche. O meglio, per non essere blasfemi, un trasformismo tanto spietato quanto radicale a cui non avevamo ancora mai assistito nella lunga storia politica della democrazia italiana. Un malcostume politico e un decadimento etico che hanno cancellato e archiviato la cosiddetta “rivoluzione dal basso” patrocinato, predicato e praticato verbalmente dai pentastellati. Tutto archiviato a vantaggio di un “nuovo corso” politico guidato, appunto, proprio da Conte che, sotto questo versante, è l’emblema del trasformismo per eccellenza.

Insomma, dai 5 Stelle ci si può aspettare di tutto. Perchè, appunto e per citare una vecchia battuta di Donat-Cattin degli anni ‘80, “sono capaci, capacissimi, capaci di tutto”. Diventa francamente difficile, dunque, immaginare cosa possono diventare d’ora in poi i grillini. Partito di destra? Di sinistra? Partito di orientamento liberale e moderato come hanno detto per qualche giorno? O un partito di nuovo populista, demagogico, manettaro e giustizialista? Tutto è possibile e, soprattutto, è possibile in qualsiasi momento visto che gli attori sono sempre gli stessi.

Ora, però, per evitare di proseguire su questa falsariga e raccontare aneddoti ghiotti e del resto quotidiani, restano aperte due domande di fondo.

La prima è di natura elettorale ed è anche molto semplice. E cioè, ma chi li voterà ancora questi grillini dopo i continui e radicali cambiamenti di linea politica? Certo, lo sapremo fra meno di un anno. Nel frattempo sappiamo quanti consensi hanno ottenuto nelle varie grandi città che si sono recate al voto nell’ottobre scorso. Altrochè i sondaggi di Pagnoncelli o di altri sondaggisti che li danno attorno al 13-14%…..Le cifre reali sono molto lontane dalle doppie cifre. Ma lo vedremo a tempo debito. Nel frattempo non ci resta che la curiosità nel capire chi scommetterà ancora su un partito che giornalmente cambia la sua strategia e il suo progetto politico.

In secondo luogo, ma non meno importante, è capire quali sono le ragioni politiche ed ideali che spingono un partito storicamente di potere e governista come il Pd ad individuare nel partito di Grillo e di Conte l’alleato “strategico” se non addirittura “storico” per costruire una prospettiva riformista e di governo nel nostro paese. Una domanda che molti si fanno e che pochi, al momento, hanno ricevuto risposte adeguate e pertinenti. Insomma, per farla breve, che cosa c’è di così politicamente ghiotto, oggi, nel partito di Grillo e di Conte, per costruire una prospettiva democratica e riformista di così lungo termine? Una domanda che, prima o poi – almeno speriamo – avrà pure una risposta politica, culturale e forse anche etica.