Al centro, per battere la politica di sola andata

Sì dice che il futuro è in mezzo a noi. Dobbiamo, in sostanza, abituarci ai suoi ritmi e più ancora alle sue imposizioni.

Mentre il governo perde smalto e soprattutto consenso, il panorama politico sembra inchiodato alle poche certezze della radicalizzazione dell’ultimo biennio. Prima e dopo il 4 marzo, passando per la novità sancita dalle urne, l’Italia ha imboccato la strada che porta a una “politica di sola andata”. Non ci si preoccupa delle conseguenze, quel che conta è l’imperio della scelta: più è netta e risoluta, lontana dal passato, più appaga il desiderio di smobilitazione del principio di realismo.

Ciò non toglie che la forza del reale torni a incidere sulla vita collettiva, a dispetto delle illusioni o dell’invaghimento anche sfacciato, contro le pericolose facilonerie dei vincitori (gialloverdi). L’isolazionismo anti-europeista si trasforma in disinvolta apertura filo-cinese; la pregiudiziale populista, esorbitante ogni limite nell’uso del potere, alimenta la colonna di fuoco dello statalismo più ingenuo ed incongruo, corroborato dalla voglia di piegare la “cattiva finanza” (fino a immaginare, però, la fine della distinzione di politica ed economia); l’arrembaggio neo-ideologico ai temi più sensibili, come quello della famiglia ridotta a contratto e convenienza, autorizza la via di fuga dell’insulto a tutto campo, fuori da uno schema di ragionevolezza e tolleranza; l’autonomia rafforzata delle regioni – quelle più ricche – si trasfigura nell’ipotesi di un sovranismo a scala ridotta, in barba all’idea di solidarietà e coesione nazionale.

Sì dice che il futuro è in mezzo a noi. Dobbiamo, in sostanza, abituarci ai suoi ritmi e più ancora alle sue imposizioni. Tutto è già scritto. La politica di sola andata rappresenta l’impulso vitale dell’Italia in prolungata apnea, disperatamente avvinghiata agli idola fori della semplificazione e della trasparenza, sicura di poter risorgere anima e corpo con un semplice tratto di penna sulla corruzione (degli altri). In mezzo, dove attende la mozione d’ordine della responsabilità, la nebbia confonde le coscienze. Per questo il centro – abituiamoci a pensarlo davvero come metaluogo della lotta per il bene autentico della società – subisce la censura del tempo e del costume.

Da qui bisogna partire per la riconquista di una solida speranza politica. Non può durare, in effetti, l’assuefazione al vigente dominio del vuoto, anzitutto al vuoto di pensiero. Solo questa necessaria reinvenzione del centro può generare le “idee ricostruttive” che la democrazia nel suo complesso esige, non esimendo i cristiani da un obbligo di attiva e consapevole presenza. Le forme si vedranno.

Certo, di fronte alla fatica dell’impresa, l’ultimo regalo alla politica di sola andata consisterebbe nell’alzabandiera di un manipolo di irriducibili. Dunque è necessario unire, non dividere; unire al centro, con una piattaforma aperta, in chiave liberal-popolare; unire nel virtuoso amalgama di neo-umanesimo e modernizzazione. Ecco, ogni giorno che passa si fa più urgente questo appello, imposto dai fatti, al serrare le fila in vista di una nuova battaglia democratica. Le europee sono alle porte.