Un metodo non sempre coltivato dagli storici è quello di studiare, di comprendere e, al limite, di identificare un movimento o un partito politico soprattutto nel suo rapporto con il suo principale antagonista. Certo non è un angolo visuale da cui si ricava uno sguardo totale ed esaustivo, ma certo offre spunti per la comprensione dell’oggetto di studio.

Se, per esempio, si prende la Democrazia cristiana può apparire scontato il suo anticomunismo e quindi non apparire elemento di tale portata da meritare un’attenzione privilegiata. Eppure questa costante non solo è risultata decisiva nei successi elettorali e ha provocato giustificata reticenza a essere attutita, ma si è rivelata nodale specie quando si è usciti dagli anni della guerra fredda e ci si è avviati in quelli della distensione.

Scendendo nello specifico che qui ci interessa, si prenda il caso di Alfredo Trifogli, sindaco di Ancona nella prima metà degli anni settanta (nel periodo del terremoto) e successivamente senatore ed esponente della Dc di sinistra a livello nazionale. Su di lui si è tenuto un convegno ad Ancona nel 2016 (Alfredo Trifogli tra vocazione culturale e responsabilità politica, a cura di G. Galeazzi, Quaderni del Consiglio regionale delle Marche, 2018) ora è stato pubblicato un volume con interviste ad amici che lo hanno conosciuto e hanno collaborato con lui (V. Varagona, L’anima del bene comune, Ecra 2020). 

In queste due occasioni si sono esaltati i meriti indiscussi dell’amministratore e dell’operatore culturale. A essi si rimanda per non disperderci, in questo poco spazio riservatomi, in un lungo elenco di iniziative per la città, da quelle politico amministrative a quelle “ideali”. Eppure alcuni degli aspetti caratterizzanti il suo lungo e apprezzabile protagonismo meritano un supplemento di riflessione.

Si può e si deve mettere l’accento, per esempio, sul fatto che Trifogli, per quasi tutta la vita, è stato in Italia uno dei massimi sostenitori del pensiero filosofico, e soprattutto politico, di Jacques Maritain, contribuendo non tanto a studi specifici, quanto soprattutto alla diffusione delle sue opere e delle sue idee con iniziative culturali di grande impatto. Quello che manca, e magari uno studio specifico potrebbe risultare rivelatore, è l’approfondimento del suo “maritainismo” e quanto questo abbia poi inciso nelle scelte della sua lunga vita politica.

Si potrebbe risalire agli anni cinquanta allorché Trifogli è un giovane dirigente dell’Azione cattolica e si mette in evidenza come antagonista del pensiero laico e di quello comunista in particolare. Non si mettono qui in discussione le sue buone ragioni anche di fronte a una certa rozzezza anticlericale soprattutto delle sinistre locali. Si intende solo mettere in luce i cardini della sua “ideologia”.

E’ in questa occasione che scopre e legge Maritain e si ritrova grande ammiratore del cattolicesimo francese. Scrive in proposito alcuni articoli nei quali si azzardano riflessioni anche controcorrente rispetto alle chiusure della chiesa pacelliana, ma resta un nodo, quello dell’integralismo, che neanche il giovane Trifogli percepisce come un problema. La società cristiana è la città terrena per eccellenza. Al di fuori di essa se proprio non ci sono le tenebre, certo si brancola nell’errore.

Trifogli però trova sponde importanti nel cattolicesimo sociale, quello più progressista, delle Acli, del sindacato, ecc., che si batte per una Dc poco liberale e “capitalista”, e sempre più attenta ai “bisogni della povera gente”. Anche perché è su questo terreno, questa prima linea, che si affrontano e si sconfiggono i nemici più irriducibili e cioè i comunisti. 

Questa visione di fondo non lo abbandonerà mai, neppure nei decenni successivi, quando lo scontro col nemico non sarà più frontale, ma ben più fluido e tattico, con margini di reciproca attenzione e persino forme di collaborazione.

Eppure Trifogli è sempre stato considerato moroteo, anche per una vecchia amicizia con il leader della Dc, che risale al periodo della sua presidenza della Fuci, cementata in occasione del matrimonio con una marchigiana e con conseguenti frequenti visite ad Ancona. Ma davvero può essere definito moroteo? Non è facile rispondere anche perché una delle lacune che risaltano nelle testimonianze riportate in entrambi i volumi è proprio la sua militanza nella Dc, il rapporto con il partito e, in definitiva, la definizione per lui di democristiano. 

Mancando un’analisi di questo tipo e riflettendo al contempo sulle costanti delle sue scelte politiche, e sull’ideologia a loro sottesa, si ha però l’impressione di avere a che fare con un esponente di Forze nuove, senza la capacità di comprensione dei tempi nuovi propri del moroteismo. Certo con l’intelligenza e il coraggio del cavallo di razza, ma con qualche nodo ancora da districare, specie nel superamento dell’integralismo ereditato dalla formazione giovanile. 

Non è qui possibile approfondire questo aspetto, ma si può accennare a un caso significativo e collocarci nel biennio 1975-1976, l’anno del temuto sorpasso e dei “due vincitori”. Nelle Marche si apre la stagione delle “larghe intese”. Il maceratese Adriano Ciaffi guida la giunta regionale grazie all’appoggio esterno del Pci. E’ un caso di grande rilevanza anche nazionale su cui tutta la Dc sembra acconsentire (anche se per i forlaniani solo temporaneamente e senza alcun compromesso “storico”). 

Anche nella sinistra democristiana, pur unita nel portare Zaccagnini alla segreteria, emergono delle diversità e sono proprio Trifogli e Ciaffi a dare due interpretazioni diverse delle novità congressuali. Intervengono entrambi alla tribuna, ma mentre il secondo esprime apprezzamento per il revisionismo in atto nel Pci (a cui avrebbero contribuito le stesse aperture della Dc), per il primo c’è la richiesta di un rinnovamento morale e dell’abbandono del moderatismo (conseguenza del riferimento al Concilio e a Maritain) ma non vi sono affatto cenni di aperture all’esterno.

Così quando, pochi mesi dopo, ad Ancona si presenterà l’occasione di replicare su base cittadina l’esperienza regionale, non solo la Dc, ma lo stesso Trifogli in prima linea, esprimeranno un no secco e definitivo. Perderà così la carica di sindaco e gli alleati classici si rivolgeranno al Pci per dar vita a una giunta di sinistra con un sindaco repubblicano.

Non è qui il caso di dare giudizi, si deve però rimarcare come l’anticomunismo torni a essere la cartina di tornasole per comprendere la politica di molti democristiani, soprattutto se intriso di integralismo. E forse non sarà un caso che Trifogli sarà in prima linea nei referendum per osteggiare le leggi sul divorzio e sull’aborto e, addirittura, si rifiuterà di votare per Pertini nell’elezione del Presidente della Repubblica.

Sic parva licet…come Togliatti provò a esprimere un giudizio equanime su De Gasperi (celando però opportunisticamente i motivi di ammirazione che pure non mancavano), così uno storico dovrebbe provare a scrivere una biografia equanime di un personaggio locale, ma di grande spessore, come Trifogli. Rimandando ai volumi citati la declinazione degli innumerevoli motivi di ammirazione, si sono accennati in questa sede alcuni spunti che possono contribuire a inquadrare il personaggio nella sua complessità.