La lezione di tangentopoli è servita?Non siamo in grado di dare un giudizio definitivo. L’unica cosa che possiamo dire è che il “mistero” tangentopoli di quel biennio è ancora sul tavolo.

Sono stati versati fiumi di inchiostro e quintali di pubblicazioni su come è nata tangentopoli, come si è articolata concretamente nel biennio ‘92/94, sui “misteri” del suo inizio e della sua fine. Insomma, è inutile continuare ad indagare attorno ad un tema che ha squassato la politica italiana con una irruenza procedurale inaudita e con una rapidità impressionante. Elementi che, ad oggi, nessuno è ancora riuscito a dare però risposte convincenti e rassicuranti. Al di là delle opposte tifoserie che, come sempre, non fanno notizia nè contribuiscono a sciogliere nodi politici e giudiziari che erano e restano misteriosi, pieni di contraddizioni e di domande senza alcuna risposta.

Ma, al di là di questi misteri italiani che affondano le loro radici in una persistente difficoltà a trovare il bandolo della matassa anche perchè ai grandi interrogativi posti – a cominciare dalle ormai famose e celebri domande fatte da Bettino Craxi in quel memorabile intervento alla Camera dei Deputati nel lontano luglio del 1993 e che non trovò nessuno, dico nessuno, che osò dare risposte convincenti e pertinenti – e su cui anche la politica contemporanea continua a sbandare e a scivolare su altri particolari di quella storica ed irripetibile inchiesta, credo che almeno su due temi vale la pena richiamare l’attenzione dopo quella storica tangentopoli. Due soli elementi, tra i moltissimi che si potrebbero scegliere ma che restano centrali nel dibattito e nel sistema politico italiano.

Parlo, nello specifico, e tra i molti risvolti, della qualità della classe dirigente politica dopo tangentopoli e della credibilità e dell’autorevolezza dei partiti, e quindi della politica, dopo la furia giustizialista dei primi anni ‘90 e poi, come dicevo all’inizio, misteriosamente interrottasi dopo aver raso al suolo l’assetto e l’impalcatura della cosiddetta “prima repubblica”.

La classe dirigente dei partiti ha subito negli anni una profonda ed irreversibile dequalificazione. Una caduta di credibilità che è culminata infine con la stagione populista interpretata dal partito dei 5 stelle, su cui non vale la pena dispensare alcun commento….Insomma, azzerata e decapitata la prima repubblica, fatta da professionisti, da statisti e da leader politici, è subentrata la stagione dei dilettanti, degli improvvisati, della casualità e, per finire, dell’ideologia “dell’uno vale uno”. Sotto questo versante, quindi, l’eredità del post tangentopoli è stata semplicemente devastante.

Per quanto riguarda la credibilità e l’autorevolezza della politica, e in primo luogo dei partiti, ogni commento al riguardo è persin inutile, anzi platealmente inutile. Dai partiti organizzati, radicati nel territorio, espressione di una cultura politica, con una classe dirigente a livello nazionale e a livello locale degna di questo nome, siamo passati a gruppi dirigenti che scambiano la politica per un investimento personale, per una occupazione temporanea o come una esperienza da provare almeno una volta nella vita. Al punto che anche i peggiori giustizialisti – salvo i sostenitori e i fautori del celebre slogan “più manette per tutti” – e i maggiori detrattori dei partiti della prima repubblica, non perdono occasione per rimpiangere “quella” classe dirigente fatta da statisti e da leader politici che oggi possiamo solo più ascoltare nelle teche della Rai e nei servizi e nei documentari su quando la politica aveva un senso, un ruolo e una funzione precisa nella società. Anche su questo versante, quindi, l’eredità del post tangentopoli ha lasciato molto a desiderare.

Ma non si può chiudere questa breve e stringata riflessione di tangenopoli sulla cosiddetta “questione morale”. Cioè sulla contrapposizione che era dominante su quasi tutti gli organi di informazione in quel violento biennio storico. E cioè, la guerra aperta tra le “guardie” e i “ladri”. Ora, è giudizio comune che la corruzione non è affatto scomparsa nella società italiana. Certo, non è più legata direttamente al finanziamento illegale dei partiti per la semplice ragione che i partiti non ci sono più nel nostro paese. Sono stati sostituiti dai cartelli elettorali, dai partiti del capo e da movimenti guidati da guru e santoni. Nulla a che vedere, quindi, con i partiti politici democratici, collegiali, radicati nel territorio, espressivi di culture politiche e guidati da classi dirigenti autorevoli e qualificate. 

Eppure la corruzione, per bocca degli esperti del settore, non è affatto scomparsa. Anzi, pare addirittura che si è rafforzata. Con una versione modernizzata, più raffinata e soprattutto più sofisticata. E quindi, anche su questo versante, la lezione di tangentopoli è servita? Ognuno può esprimere la sua opinione al riguardo, come ovvio e scontato. A noi non resta che una conclusione, triste e sconsolata. Non solo è come prima, forse è peggio di prima, come disse in una celebre battuta il compianto Procuratore Borelli. Noi non siamo in grado di dare un giudizio definitivo. L’unica cosa che possiamo dire è che il “mistero” tangentopoli di quel biennio è ancora sul tavolo. Speriamo che, prima o poi, il mistero diventi un fatto trasparente e noto a tutti i cittadini e anche a tutte le rispettive tifoserie.