Una vecchia intervista può forse tornare d’attualità. In effetti, sarebbe interessante che i candidati alla guida del Campidoglio mettessero testa alla suggestione dell’ex Sindaco Argan, magari per rilevarne il carattere, non facilmente occultabile, di utopia regressiva. E per spiegare quale grande idea direttiva merita oggi di essere posta al centro del dibattito su Roma.

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In una intervista a tutto campo, rilasciata il 6-7 maggio 1991 a Marc Perelman e Alain Joubert per la rete televisiva francese Fr3 e pubblicata successivamente in edizione italiana (Giulio Carlo Argan, Intervista sul Novecento, Graffiti editori, 2005), il grande storico dell’arte rispondeva a una specifica domanda sulla sua esperienza di sindaco di Roma (1976-1979). In quella circostanza, come si legge nello stralcio qui appresso riportato (p. 39 del libro), Argan lamentava il fatto che Roma dopo la conquista piemontese avesse conosciuto uno sviluppo decisamente improntato alla concezione di città moderna. Al contrario, la sua convinzione era che l’Urbe poteva e doveva conservarsi, evitando l’onda lunga e ripetuta dell’espansione urbanistica a macchia d’olio, solo se fosse prevalsa una opposta visione: quella, appunto, di una nobile e immobile “città morta”.

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Non è stata per lei una sorta di vertigine, in quanto storico dell’arte proprio di quel periodo e divenuto al!’improvviso sindaco di Roma, vedere che i problemi che si erano posti alla nascita della Roma moderna, cioè della Roma del XVI e XVII secolo, si ritrovavano esattamente identici alla fine del XX secolo, vale a dire gestire insieme la Roma antica, che è lì e molto ingombrante, e la Roma moderna con i suoi abitanti? 

Vedete, questo è in realtà il grosso problema; e lo è stato già nel secolo scorso, quando arrivarono i piemontesi. Roma era una città di 200.000 abitanti, e ora sono più di 4 milioni. Allora fu necessario cambiare, costruire nuovi quartieri e anche gli uffici dello Stato italiano: fu necessario realizzare una Roma moderna.

Talvolta mi chiedo se non sarebbe stato forse meglio conservarla, non come una piccola città, ma come una città non troppo grande, con un livello culturale molto elevato, una città soprattutto diplomatica e politica, invece di farne una città moderna. La città moderna è degenerata in una città totalmente caotica. Ma non sarebbe stato meglio farne una città morta? 

Mi direte che avrebbero potuto farne una città ben organizzata, ben gestita, e così via, ma sapete molto bene che queste sono utopie. Roma è stata aperta a tutti: è meglio? È un male? Non lo so, non lo so. Talvolta mi hanno chiesto: “Lei crede all’eternità di Roma?”. Ho risposto: “Certo, poiché la sua decadenza non avrà mai fine”.