MONETA DIGITALE, NON CREDITI SOCIALI.

 Il dibattito va riportato a quella che appare come la vera posta in gioco nel rapporto tra moneta fisica e moneta digitale, ovvero il modello di società che si intende costruire, rispetto al quale le nuove forme che può assumere la moneta altro non sono che strumenti.

 

Giuseppe Davicino

 

La discussione intorno all’uso del contante appare viziata da grosse semplificazioni di carattere ideologico al punto da assomigliare di più ad una fiera di opposti pregiudizi che ad un dibattito ragionato sui problemi posti dalla moneta digitale. E spesso finisce per degenerare in uno scontro sulle preferenze personali riguardo alle modalità di pagamento o addirittura nella criminalizzazione di intere categorie lavorative come baristi, taxisti, idraulici. E così si fatica a vedere come moneta digitale non sia in sé sinonimo di trasparenza, dato che nel mondo d’oggi  la gran parte delle transazioni per attività criminali e di riciclaggio, di evasione fiscale per centinaia di miliardi avviene con forme di moneta non cartacea come le criptovalute e che i grandi gruppi finanziari, con le loro holding dislocate nei paradisi fiscali, danno di gran lunga il maggiore contributo all’evasione fiscale. I soldi tutt’al più possono servire ancora a riempire dei sacchi di tangenti.

 

Per tale ragione credo che il dibattito vada riportato a quella che è la vera posta in gioco nel rapporto tra moneta fisica e moneta digitale, ovvero il modello di società che si intende costruire, rispetto al quale le forme della moneta altro non sono che strumenti. Negli anni discorso si è fatto più complesso per effetto di nuove funzioni offerte dalle tecnologie digitali, che hanno reso possibile introdurre accanto alla normale moneta non cartacea, quella usata dalle carte di credito, un altro tipo di moneta digitale, diverso e non paragonabile  a quello attuale.

 

Questa nuova valuta digitale in corso di introduzione è la Moneta Digitale delle Banche Centrali, meglio nota con l’acronimo inglese CBDC, che nel nostro caso sarà l’Euro digitale. La Commissione Europea ha illustrato, durante i lavori di una conferenza congiunta con la Bce, tenutasi lo scorso 7 novembre a Bruxelles, lo stato di avanzamento dell’Euro digitale. Già l’anno prossimo l’Esecutivo Ue intende presentare una proposta legislativa sull’Euro digitale e le previsioni più ottimistiche indicano la sua adozione come possibile già entro il 2026 . La nuova moneta potrà essere emessa dalla Bce sia tramite il sistema creditizio sia in modo diretto ovvero, scavalcando le banche, direttamente ai cittadini, sarà completamente tracciabile in ogni passaggio di mano compiuto da ciascuna sua singola unità, anche se da Francoforte assicurano di non esser interessati a vedere fin nei minimi dettagli come le persone spendono i propri soldi,  e non potrà essere convertita in contante.

 

Fondamentale per il tipo di società che avremo in futuro, sarà la definizione delle proprietà di questo Euro digitale. Si dovranno fare delle scelte tra ciò che questa valuta consente di fare (ed è facile prevedere che vi saranno pressioni fortissime per farlo) anche se comporta una non marginale riduzione di diritti, e ciò che è utile fare perseguendo il bene comune ed evitando che divenga l’anticamera del sistema cinese dei crediti sociali.

 

Lo scoglio maggiore da superare appare quello della condizionalità della moneta delle banche centrali. Caratteristica che può mutare il concetto di uso corretto del denaro da strumento di libertà a strumento di una nuova forma di autoritarismo da stato etico. Se la fruibilità dell’Euro digitale fosse posta in relazione a variabili riguardanti aspetti come eventuali pendenze nel rapporto tra cittadino e pubbliche amministrazioni, la posizione previdenziale, la cartella clinica, la composizione del nostro carrello della spesa, o addirittura le opinioni espresse dai cittadini, assisteremmo a una surrettizia trasmutazione dei nostri sistemi di governo.

 

Ecco perché il modo superficiale con il quale nel dibattito pubblico si sta affrontando il tema dell’uso del contante, non appare rassicurante sulla capacità della politica di riuscire a gestire e a governare nel rispetto dei principi umanistici scolpiti nella Costituzione, le radicali trasformazioni tecnologiche in atto.

 

Tra la strategia della destra che punta a sistemi di governo autoritari per gestire la perdita di diritti e di benessere che un uso distorto delle nuove tecnologie comporta   per la maggior parte della popolazione, e la strategia della sinistra che si illude di poter gestire la nuova questione sociale con le armi della sorveglianza digitale, credo si debba ricercare una via diversa, ispirata alla tradizione dell’umanesimo occidentale e all’Insegnamento sociale della Chiesa. La persona umana è stata creata libera e non potrà mai, se non attraverso nuove terribili forme di dispotismo e solo come bruto dato di fatto e non ontologicamente, esser privata del libero arbitrio, esser ridotta a obbedire come un cane a qualsivoglia capriccio dei gruppi dominanti.

 

Occorre prepararci per tempo a questo tipo di discussione con un atteggiamento di fiducia e di apertura al progresso, perchè già nel 2023 potrebbe partire l’iter legislativo della moneta digitale della banca centrale a livello  comunitario e tra gli stati membri.  Tocca innanzitutto alle forze popolari, in alleanza con quei settori sani delle élites che molto bene hanno operato nel precedente governo, dare un contributo che consenta di valutare i rischi e le opportunità delle nuove tecnologie applicate all’ambito monetario, capace di rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, scegliendo le applicazioni che sono al servizio del bene comune e dei diritti inalienabili delle persone e dei corpi sociali e respingendone gli usi contrari alla dignità umana.