Una famiglia media italiana, con un bimbo al nido, spende al mese 303€ nell’anno in corso 2019/2020, +0,9% rispetto al 2018/19.
Italia divisa su tariffe, posti disponibili, agevolazioni per le famiglie: al Nord si registrano le rette più alte, ma anche maggiori misure di agevolazione per le famiglie; il Sud invece più contenuto sui costi, seppur in aumento rispetto all’anno precedente, pecca sulla disponibilità di posti.
La retta più alta in Trentino Alto Adige, pari a 472€ in media, quella più bassa in Molise, 169€. Le regioni settentrionali si caratterizzano per una spesa media per le famiglie più elevata, ma in decremento rispetto all’anno precedente, stabile la spesa al Centro e in aumento invece nelle regioni meridionali (+5,1%).

Lecco il capoluogo più costoso con 515€ di spesa media a famiglia, Catanzaro il più economico con 100€. Ad Andria incremento boom del 105,5% (si passa dai 146€ del 2018/19 ai 300€ dell’anno in corso).
Trova posto in un asilo nido poco più di un bimbo su cinque, ma la copertura è assai variegata fra le diverse Regioni: si va dal 34,3% dell’Umbria al 6,7% della Campania e ben sei regioni sono sotto la media nazionale (21,7%).
Questi i dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, realizzato nell’ambito del progetto “Consapevolmente consumatore, ugualmente cittadino”, finanziato dal Ministero dello Sviluppo economico (DM 7 febbraio 2018).

“Questi servizi concorrono a garantire pari opportunità di educazione e di cura e a ridurre le disuguaglianze territoriali, economiche, etniche e culturali. Di conseguenza, un’offerta così eterogenea in termini di disponibilità, accessibilità economica, qualità risulta essere un ostacolo ad un uguale accesso, non solo a servizi ma anche a diritti costituzionalmente garantiti, quali quello al lavoro delle donne e alla crescita delle nuove generazioni che dovrebbero essere assicurati a livello nazionale, indipendentemente da differenze geografiche, economiche e socioculturali.

Ci troviamo in un contesto in cui l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di cura della prole, rappresenta un motivo di dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri per il 36% dei casi su un totale di 35.963 provvedimenti (Ispettorato del lavoro – Relazione annuale Anno 2018). La fotografia che emerge dal nostro dossier evidenzia che, sul fronte dell’offerta del servizio di asili nido comunali, ancora tanti passi devono essere fatti per contribuire concretamente a ridurre le diseguaglianze e accelerare il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile del nostro paese”, ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva.

Tutti i dati su tariffe, agevolazioni, qualità e tutela, per singolo capoluogo di provincia, sono disponibili sulla piattaforma interattiva INFORMAP al link www.cittadinanzattiva.it/informap. Da oggi online le informazioni sugli asili nido, a seguire sugli altri servizi pubblici locali: rifiuti, trasporti, acqua.

Le rette di asili nido per singoli capoluoghi di provincia
L’indagine ha interessato le rette applicate al servizio di asilo nido comunale in tutti i capoluoghi di provincia, con riferimento ad una famiglia tipo composta da tre persone ( due genitori e un minore di età 0-3 anni) e con un indicatore ISEE pari a 19.900€. le rette rilevate fanno riferimento all’ anno educativo in corso 2019/2020 e riguardano gli asili nido a tempo pieno, ove presenti, con frequenza per cinque giorni a settimana. Nel calcolo non sono state considerate né le eventuali agevolazioni attivate dai Comuni in virtù dei provvedimenti regionali, né quelle di derivazione nazionale.

Regione Spesa Media mensile per nido comunale 2019/2020 Variazione %
2019/2020 su 2018/2019 QUOTA % A CARICO DELLE FAMIGLIE
Abruzzo € 297 + 7,9 17,5
Basilicata € 359 + 0,0 21,6
Calabria € 170 + 6,4 10,4
Campania € 274 + 5,2 7,7
Emilia € 314 + 0,0 23,0
Friuli Venezia Giulia € 362 + 0,0 15,4
Lazio € 287 + 0,0 14,1
Liguria € 338 – 3,4 15,2
Lombardia € 366,5 + 0,1 21,7
Marche € 297 + 0,0 25,9
Molise € 169 + 0,9 12,2
Piemonte € 350 – 3,6 20,0
Puglia € 239 + 10,4 9,6
Sardegna € 218 + 0,2 18,2
Sicilia € 213 + 3,8 6,3
Toscana € 324 + 0,0 24,5
Trentino € 472 + 0,0 23,6
Umbria € 308 + 0,0 20,6
Valle d’Aosta € 398 + 0,0 22,4
Veneto € 351 + 0,0 26,2
Italia € 303 + 0,9 19,4

Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio Prezzi&Tariffe, Ottobre 2019
I 10 capoluoghi più costosi I 10 capoluoghi più economici
Lecco € 515 Catanzaro € 100
Bolzano € 506 Cagliari € 133
Belluno € 477 Crotone € 140
Vicenza € 465 Ragusa € 140
Cuneo € 458 Trapani € 152
Trento € 437 Reggio C. € 158
Forlì € 431 Campobasso € 169
Mantova € 427 Enna € 170
Alessandria € 425 Barletta € 180
Sondrio € 421 Agrigento. Vibo V. € 180

Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio Prezzi&Tariffe, Ottobre 2019

Offerta pubblica e privata e livello di contribuzione delle famiglie
11.017 i nidi in Italia, di cui 6.767 privati e 4.250 pubblici; i posti disponibili sono 320.296, distribuiti fra 153.316 privati e 166.980 pubblici. Notevoli le differenze regionali: più forte la prevalenza di posti nei nidi pubblici in Basilicata, Emilia Romagna, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, trentino Alto Adige; nei nidi privati invece in Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Puglia, Sardegna, Veneto; equilibrata nelle altre regioni.
La percentuale di copertura a livello nazionale è pari al 21,7% della potenziale utenza (bambini residenti sotto i 3 anni di età), ma con notevoli differenze tra le singole regioni: in negativo si distingue la Campania, con una copertura pari appena al 6,7%, in positivo l’Umbria con il 34,3%; sotto la media nazionale sei regioni: Campania (6,7%), Calabria (8,8%), Sicilia (9,3%), Puglia (13,6%), Basilicata (14,2%), Abruzzo (19,9%). Dunque tutte le regioni meridionali sono ben al di sotto della media di copertura, fa eccezione la Sardegna che raggiunge il 26,1%.

Tra il 2004 e il 2012 le risorse messe a disposizione dai Comuni per gli asili nido sono cresciute del 47%, passando da 1,1 a 1,6 miliardi di euro; tra 2012 e 2014 si è registrata una contrazione della spesa, nel triennio 2014-2016 una stabilizzazione, con una spesa complessiva per i servizi per l’infanzia nel 2016 di circa 1 miliardo e 475 milioni di euro.

La quota a carico degli utenti sul totale della spesa è passata dal 17% del 2004 al 20% del 2013, mentre dal 2015 si attesta al 19,4%. La quota percentuale a carico delle famiglie è più elevata della media in dieci regioni, in vetta il Veneto dove le famiglie contribuiscono del 26,2% rispetto alla spesa complessiva, all’estremo opposto la Sicilia le cui famiglie contribuiscono per una quota pari al 6,3%.

Agevolazione per le famiglie e rilevazione della qualità

A livello comunale, il 48% prevede esenzioni dal pagamento della retta per le famiglie in stato di disagio economico e già seguite dai servizi sociali. A livello regionale, dieci regioni quasi esclusivamente del Centro Nord (Emilia Romagna, FVG, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta) hanno emanato disposizioni per contenere o abbattere i costi a carico delle famiglie.
In relazione alle Carte dei servizi, essa è presente nell’81% delle amministrazioni prese in esame, ma anche questo dato mostra molte discrepanze territoriali: la carta è assente nel 40% dei capoluoghi di provincia del Sud, nel 12,5% di quelli del Centro e nel 6% dei capoluoghi del Nord. Sono previsti strumenti per rilevare la soddisfazione delle famiglie nell’80% delle Carte dei servizi dei capoluoghi settentrionali, nel 67% di quelli dell’Italia centrale e nel 43% dei capoluoghi del Sud.

Con riferimento al rapporto numerico fra educatori e bambini, le singole leggi regionali stabiliscono misure differenti: ad esempio, nella fascia 0-12 mesi si va da 1 educatore ogni 5 bambini in 8 regioni, ad 1/6 in sette regioni, 1/7 in due regioni, fino ad arrivare ad 1/8 in quattro regioni.