Avevamo auspicato una soluzione parlamentare della crisi di Governo all’altezza della sfida “post democratica” lanciata dalla Lega di Salvini.

Attraverso un immediato ricorso alle urne, abilmente preparato da un anno e più di “campagna elettorale dal Governo”, si puntava a determinare una maggioranza sufficiente per codificare il cambiamento in senso illiberale della nostra democrazia.
Per definire questa auspicata soluzione parlamentare, nei nostri documenti avevamo usato i termini di “tregua operosa”.

Tregua, perché avvertivamo la necessità di una “ripartenza” del meccanismo politico capace di rimettere al centro i valori costruttivi di una dialettica politica ispirata al bene comune.
Operosa, perché le emergenze civili, sociali ed economiche del Paese non possono attendere.
Due elementi appaiono chiari nella nostra analisi.

Primo: l’urgenza di una “barriera a destra”. Non si può accettare senza reazione alcuna che l’Italia diventi il primo Paese “post democratico” tra le nazioni fondatrici dell’Europa.
Né si può favorire – con la rassegnazione – una concezione della politica fondata su principi di suprematismo nazionalista e foriera di pervasivi effetti di disgregazione della base civile e sociale del Paese e della sua struttura portante di valori e di cultura democratica.

Secondo: la necessità di un nuovo ciclo (“la vera svolta”) che richiede, però, un percorso non semplice e non banale di riorganizzazione della rappresentanza politica e dei meccanismi che presiedono la vita democratica. Nonché un nuovo “patto” tra cittadini e politica ispirato a nuove visioni e nuove idee, sopratutto di fronte ai nuovi paradigmi sociali, tecnologici ed ambientali.
Abbiamo condiviso la necessità di verificare in Parlamento i margini per la costituzione di un Governo capace di marcare il primo elemento e di accompagnare e favorire il secondo.

Si è scelta una strada diversa.
Ne prendiamo atto e speriamo comunque che il tentativo del Presidente Incaricato vada in porto: non è questo il tempo per distinguo distruttivi, semmai di responsabilità vigile e critica.
Il costituendo nuovo Governo pone certamente uno stop, per ora, alle strategie “sfasciste” della Lega: e ciò è un bene per il Paese.
Ma non sfugge la rischiosa fragilità culturale e politica delle basi su cui si fonda.

Aver preteso di formare un Governo “politico” a tutto tondo in questa fase (e con le confuse modalità di queste settimane) non è stata la scelta migliore.
Un Governo “politico di svolta” presuppone condivisioni e sintonie non riconducibili ad un accordo mediato in pochi giorni da forze così diverse e fino ad oggi alternative.

Meglio sarebbe stato – come molti avevano proposto – che il PD avesse negoziato il proprio appoggio esterno ad un Governo espresso politicamente dal M5S, formazione di larga maggioranza relativa in Parlamento, richiedendo la presenza di alcuni ministri tecnici (autorevoli e di garanzia) ed alcuni (pochi) punti programmatici.

Per queste ragioni, se avessimo una nostra rappresentanza parlamentare, l’atteggiamento più consono per noi sarebbe oggi quello di un appoggio esterno, leale ma libero e autonomo.
Resta un punto fondamentale.
La sfida della destra leghista – dietro alla quale vi sono ragioni strutturali di natura socio-economica ed istituzionale – può essere “stoppata” per il momento con la nascita del nuovo Governo, ma non può essere sconfitta se non attraverso una nuova stagione di presenza e di azione delle culture democratiche.

Si conferma ancor più urgente una rigenerazione di idee, programmi, metodi, classe dirigente, che liberi e valorizzi – chiamandole a raccolta con progetti credibili – tutte le energie positive della comunità nazionale.
Il mondo dei “Popolari” – al di fuori di ogni irragionevole tentazione di ritorni al “partito dei cattolici” – ha dunque ancor di più oggi il compito di elaborare e praticare un progetto politico all’altezza di questo scenario, tutto da costruire.

E deve farlo con sollecitudine, prima che il terreno venga compromesso da altre iniziative politiche in preparazione e delle quali – almeno ad oggi – sfuggono il profilo, l’origine, il senso e le intenzioni.

Lorenzo Dellai