Bettini, il populismo e i 5 stelle.

Come si fa a celebrare la funzione del Pd come alternativa al popolulismo e al tempo stesso prefigurare l’alleanza strategica a sinistra, imperniandola su Pd e M5S? Una teoria che mette in evidenza la pretesa di elevare a verità ciò che invece assomiglia al “nulla della politica” (Martinazzoli).

 

Giorgio Merlo

 

Dunque, ricapitolando. Goffredo Bettini, intelligente politico del mondo post comunista, dice in una intervista al Corriere della Sera che la “sinistra e il Pd sono la garanzia insostituibile per assicurare nel futuro un’alternativa al populismo e al sovranismo”. E sin qui tutto bene. Ora, per evitare di creare ulteriore confusione, Bettini è l’alfiere e il protagonista per eccellenza dell’alleanza tra la sinistra italiana, cioè il Pd, e il partito di Conte e di Grillo, ovvero il partito populista per eccellenza nel nostro paese.

 

Al riguardo, non credo che Bettini, politico di lunghissimo corso, pensi che le conversioni politiche di un partito avvengano in modo improvviso, collettivo e pertanto misterioso. Fuor di metafora, come può essere credibile la tesi di un partito che, improvvisamente, rinnega tutto ciò che l’ha contraddistinto e caratterizzato per almeno tre lustri? Come si può pensare che una comunità politica nata all’insegna dell’antipolitica, dell’antisistema, della demagogia, dell’antiparlamentarismo, del giustizialismo manettaro, della delegittimazione morale e politica dell’avversario – cioè del nemico -, dell’attacco alle persone, del rifiuto delle alleanze, della democrazia digitale e, di conseguenza, del populismo più sfrenato possa all’improvviso e unanimemente mutare la prospettiva rinnegando tutto il passato?

 

Veramente Bettini pensa che tutto ciò che un partito/non partito dice da quasi 20 anni possa essere fanciullescamente e goliardicamente cancellato e tutta la sua comunità politica ed elettorale segua bovinamente e passivamente quelle indicazioni? Detto in altri termini, ma veramente Bettini pensa che il partito di Conte e di Grillo non ha più nulla a che vedere con il populismo che hanno praticato, urlato, teorizzato, manifestato e declinato in tutti questi anni e in tutte le sue svariate modalità?

 

Ecco, credo che siano sufficienti queste semplici e banalissime domande per arrivare ad una altrettanto semplice conclusione. E cioè, il populismo non è taxi ma, di norma, il Dna di un partito o di un movimento politico. È un modo d’essere, una prassi studiata e praticata, una cultura – o meglio, una sub cultura – in cui una intera comunità e quindi un intero elettorato si riconoscono. Oltretutto, quando i protagonisti politici a livello nazionale e a livello locale sono sempre gli stessi. In ultimo resta la domanda di fondo. Ovvero, Bettini individua nel Pd l’unica vera “alternativa politica al populismo”. E cosa propone per centrare questo obiettivo così nobile? L’alleanza organica, strategica e duratura con i 5 stelle, cioè con il partito populista per eccellenza.

 

Verrebbe da dire, misteri della fede. Ma essendo in un altro pianeta, è meglio dire che si tratta di un mistero della post politica. Quella che l’indimenticabile Mino Marttinazzoli definiva come “il nulla della politica”.