Cambiare

Il Paese ha bisogno di lavoro, prima del reddito

Cambiare, vocabolo ambiguo, ha diversi significati e sfumature. Si può cambiare in meglio o in peggio. Cambiare come, perché, per chi? Potrebbe essere utile mettere a confronto quello che si vorrebbe cambiare col modello che si vorrebbe realizzare.

Il messaggio del Presidente della Repubblica, magistrale, consente di proporre qualche paragone nella logica del cambiamento. Ha richiamato, sobriamente e chiaramente, principi, valori e tradizione che sono il profilo del popolo italiano.

In controluce, chiunque fosse in buona fede, ha intuito e ‘visto’ le scelte proclamate – e “fatto!”- dal ‘governo del cambiamento’. Questo governo ha preparato per gli Italiani e l’Italia un programma – la legge di bilancio indica gli obiettivi e i relativi finanziamenti del programma di governo – che li fa arretrare economicamente, culturalmente e istituzionalmente. In questo senso alcuni provvedimenti bandiera della maggioranza inducono a temere questa deriva: il reddito di cittadinanza, il decreto sicurezza.

Il reddito di cittadinanza amplia il Rei (reddito di inclusione approvato dal governo Renzi). In che modo può ottenere risultati opposti alla finalità declamata? Sono affidati ai Centri per l’impiego le procedure per attuarlo. Anche a detta del governo, per ora, tali centri non sono abbastanza attrezzati. Meglio sarebbe stato prima rafforzarli. Il finanziamento è stato messo in bilancio. Nei diciotto mesi, nei quali si ottiene il reddito di cittadinanza, bisogna cercare lavoro, ma non è detto che chi è disoccupato trovi il lavoro per il quale è adatto. Sarebbe necessario piuttosto un periodo di formazione retribuito e, se poi venisse rifiutato il lavoro, cesserebbe il sostegno economico. Invece l’applicazione del reddito di cittadinanza, almeno per 18 mesi, potrà suggerire un lavoro ‘in nero’ o nessuna occupazione …Non è educativo il meccanismo che non spinge a trovare lavoro!

Inoltre vale la pena di ricordare che non è automatica anche la sostituzione di chi va anticipatamente in pensione con giovani, se questi non sono in possesso delle caratteristiche adatte. Il Paese ha bisogno di lavoro, prima del reddito. Un’altra bandiera, che purtroppo sventola con successo e non si sa fino a quando: il decreto sicurezza, che introduce due modalità applicative che preoccupano, la legittima difesa col possesso di armi “all’americana“ e la chiusura dei centri che ospitano immigrati richiedenti asilo. Vale la pena chiarire. Anche il Papa sostiene che una verità a metà è una bugia. È vero che il problema della immigrazione è un problema! Il Diritto Umanitario, la nostra Costituzione e la tradizione culturale del Paese hanno dato certamente fondamento alla attitudine alla accoglienza, ma per troppo tempo senza una strutturata metodologia di integrazione. Il rispetto della dignità umana e le emergenze di cui sono portatori gli immigrati esigono la messa in opera di procedure che salvano le persone bisognose di aiuto e insieme la sicurezza dei cittadini. Questi non hanno motivo di ritenere che sono stati ‘invasi’ ma se il ‘sentire’, la propaganda e la vista degli immigrati per le strade, suscitano sentimenti di paura o di reazione ‘razzista’ la politica deve – perché ha gli strumenti – rassicurare i cittadini, gli immigrati e gli organismi internazionali. “Aiutarli a casa loro” certamente, dove non ci sono guerre e carestie, con la nostra Cooperazione internazionale, che è di qualità. I migranti che fuggono da guerre o da post-guerre (di cui siamo responsabili come occidentali) devono avere con tempestività (non dopo mesi o anni) i documenti per rimanere in Italia o migrare altrove. Il ‘governo del cambiamento‘ aveva da modificare o abrogare le leggi Bossi-Fini, la Turco-Napolitano e proporre modifiche ai trattati europei. Col decreto sicurezza, invece, semplicemente gli immigrati irregolari vengono mandati in strada: quale sicurezza che non delinquano, che non infastidiscano i cittadini, ecc.? Se non possono stare in Italia, si provveda ai rimpatri. Perché non si fa?

Come è noto, esiste l’obiezione di coscienza di fronte a leggi che contraddicono la morale, ma è pur vero che le leggi, quando sono in vigore, soprattutto da parte dei rappresentanti delle istituzioni devono essere osservate, mentre si lavora per farle modificare. E di fronte a conseguenze, come quelle preventivate dai Sindaci, nelle more di una discussione che modifichi le norme, i Comuni possono attivare soluzioni di protezione umanitaria. È un fatto che la protesta ha attivato una riflessione più ampia di una volgare opposizione come alcuni membri del governo, in continua campagna elettorale, hanno insinuato.

(Vorrei ricordare, tra parentesi, che l’attuale Ministro dell’Interno, ha invitato tre anni fa alla disobbedienza civile contro la legge sui diritti civili, contro il canone Rai e altro).

Purtroppo anche i sindaci, che sembrano fare una resistenza civile, hanno dalla loro parte norme vigenti contraddittorie che, quindi, il governo avrebbe potuto e dovuto modificare in sede di approvazione del decreto sicurezza.

Il linguaggio rispettoso, il comportamento decoroso, il dialogo, invece che il disprezzo, per chi non la pensa alla stessa maniera, esprimono uno stile di vita che ci fa comunità. Il ‘cambiamento’ non deve rubarci l’anima.

“Signore, dammi la forza di cambiare le cose che si possono cambiare. Dammi il coraggio di accettare le cose che non si possono cambiare. Signore, dammi il buon senso di distinguere le une dalle altre” (forse, San Tommaso Moro, protettore dei governanti e dei politici)