Caro David, coltivo la rosa bianca…Di Giovan Paolo ricorda Sassoli su “ytali.com”.

 

Eravamo “un gruppo di pazzi”, dice l’autore. Un gruppo “di cattolici democratici irregolari”, obbedienti a Cristo ma non necessariamente alla Chiesa Istituzione, cresciuti nellidea di servizio delle istituzioni ma senza la retorica patriottarda o burocratica, in un brodo culturale in cui la cultura delle istituzioni è nulla senza il sentimento popolare e la fede non salva se diventa religione, chiusa, non accogliente”. 

 

Roberto Di Giovan Paolo

 

Ho rinunciato a cercare foto, video e ricordi. Ne avrei trovati troppi, troppo intimi da spiegare, troppo personali anche quando, e forse proprio perché, politici. Ho preferito piangere, e piangere. E piangere.

 

Meglio così.

 

Ho conosciuto David nel 1977, lui era il giovane dc responsabile nazionale della scuola e università e per questo incaricato da Paolo Cabras, capo del dipartimento scuola della Dc. Io ero stato appena eletto in Consiglio scolastico distrettuale (era la prima applicazione dei decreti delegati della scuola del 1974, una fucìna d’impegno politico futuro per la presenza dei primi rappresentanti degli studenti). Nel Distretto di Roma centro: settanta scuole superiori, ottantamila studenti liceali, tremila voti di preferenza per essere eletti e battendo a sorpresa destra (nelle scuole non statali) e sinistra (scuole statali) con una lista che si chiamava Unione studentesca indipendente: ricordo tra gli altri Garofani, ora Consigliere del Presidente Mattarella, Antonello Assogna, poi stimato dirigente Cisl, Marco Conti, il bravo giornalista del Messaggero e suo fratello Lucio, leader del liceo dove è ambientato Il Professore, serie tv con Gasmann, e poi la Gabbuti… già la Gabbuti, che era una “fanciulla” intemerata che minacciava i fascisti della terribile sezione del Colle Oppio quando provavano a staccarci i manifesti, per dire…

 

Bene, l’Unione studentesca indipendente era l’unica lista promossa da cattolici che non si chiamasse “Presenza Cristiana”, e questo incuriosì David parecchio, fino al punto di chiamarci. Noi gli spiegammo che non era una scelta ideologica ma pragmatica (lo dovemmo ripetere anche a un “interrogatorio” del vescovo di zona, al Laterano): ovviamente si chiamava così perché eravamo riusciti a mettere nostri rappresentanti dappertutto, perfino al liceo ebraico in cui avevamo due amici candidati, non ci saremmo certo potuti presentare lì con una lista di “presenza cristiana“, no? Però è vero, e David lo capì subito, che eravamo un gruppo di “irregolari”, alcuni iscritti al Mgdc (non era automatica l’iscrizione anche al partito) ma comunque con Zac (e Galloni a Roma, come Lucio D’Ubaldo che aveva qualche anno di più e peraltro già frequentava David).

 

Così cominciammo a frequentarci. Fu per me una grande scoperta di luoghi anche fisici diversi: Mazzini, Monte Zebio, il “retro” Rai e il “parchetto” dei “montoneros moroteos” come definiva e autodefiniva Paolo Giuntella i matti per Zac, tra cui c’era Pio Cerocchi e un gruppo di coetanei che abitavano tra Prati, Delle Vittorie, Aurelio (e pure oggi le loro famiglie sono pressappoco dislocate da lì). Dopo un breve “esamino” (conoscete Dossetti? Mazzolari? Bernanos? Leggete Heinrich Böll? Conoscete Mounier o solo Maritain?) fummo di fatto ammessi alla serie di incontri di formazione, cultura e “terzo tempo” (mangiare e bere assieme, fondamentale) che quasi ogni settimana si svolgevano senza soluzione di continuità e con un fare molto gruppettaro e anarchico (soprattutto per dei giovani dc quali alcuni di noi eravamo davvero) David ci portò un giorno con grande solennità a una riunione in una sala laterale all’ingresso della Rai in Via Teulada, credo che con Garofani decidemmo di andare in completo giacca e cravatta per l’occasione: officiava Nuccio Fava, circondato da giornalisti, sceneggiatori, artisti, pensatori, molti giovani: il tema era come appoggiare lo sforzo di Zaccagnini, rilanciare l’idea popolare del cattolicesimo democratico, fare una “rivoluzione sì, ma irreversibile, perché nei cuori della gente”.

 

Dico la verità, ci sentivamo un po’ “cospiratori”: in Chiesa redarguiti dal vescovo e dal prete ma dediti in maniera assoluta alla pratica del Concilio Vaticano II e alla democratizzazione della Chiesa; nella Dc a sostegno di un’idea forse impossibile: ribaltare l’inevitabile paradigma dell’incrostazione del potere e – con Zac, il partigiano, il popolare, fermo davanti al terrorismo ma dialogante con tutti – dimostrare che l’attenzione agli ultimi, alla povera gente di La Pira, e Mazzolari, e Don Milani, non poteva essere solo un “vezzo” di parte dei cattolici o un “vestito della domenica” ma poteva tornare a essere l’abito nuovo di tutti i giorni.

 

Paolo Giuntella ci nutriva culturalmente e David c’istruiva sul buon uso dei suggerimenti. Come due veri fratelli maggiori d’altronde. E a completare la triade, Pio Cerocchi (poi successore di Sassoli padre alla direzione della Discussione, e direttore responsabile del Popolo di Sergio Mattarella), ci guidava nel “terzo tempo” con gli scherzi (ma anche buoni libri, poesie e disegni e le mille corse ciclistiche viste assieme, Tour e Giro su tutte… Gianni Mura si sarebbe divertito da matti con lui…).

 

Partivi per l’Irlanda? Non poteva mancare un ripasso sull’occupazione britannica delle sei contee del Nord e un buon libro, il Diario di Irlanda di Heinrich Böll. E ovviamente la visita al pub, la Guinness oppure il whiskey (in Irlanda si scrive così…), il racconto di Paolo sui “Troubles”.

Sulla Germania, manco a dirlo, noi seguivamo più Böll che Grass e alla lunga credo abbiamo avuto ragione noi, pur essendo Grass un grande scrittore ma certo meno coerente e realmente “antiborghese” di Böll, di cui nessuno si ricorda più, nemmeno il grande Opinioni di un clown. Niente rivendicazioni ma è per dire che noi cercavamo sempre una “nuance”, una differenza. Senza abbandonarci mai (anzi) all’integralismo, né religioso, né politico. Nella Lega democratica ci saranno, per dire, Scoppola e Ardigò. Il primo ha spiegato la grandezza di De Gasperi storicamente e il secondo è stato un giovane collaboratore di Dossetti. Oggettivamente “Doppelgänger”. Nessuno però ha mai fatto gare di ortodossia, in merito, dentro la Lega democratica o la Rosa bianca. Semmai è proseguito il confronto, storico, politico, culturale, umano, quotidiano… alcolico e alimentare.

 

Anche la Rosa bianca aveva questa possibilità di unirci in tanti, diversi, in una “nuance” che metteva insieme il movimento antinazista di Sophie Schõll, che oggi finalmente dopo libri e film conoscono in tanti, con la struggente poesia di José Martí, rivoluzionario cubano della prima lotta di indipendenza: “Coltivo una rosa bianca, in luglio come in gennaio, per l’amico sincero che mi porge la sua mano franca…”. Spesso incontravamo chi non conosceva né l’una né l’altra rosa bianca e così continuavamo a sentirci “in missione”… come i Blues Brothers.

 

Non la faccio lunga e poi non ho la lucidità in questi giorni (e nemmeno voglio averla).

 

 

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