Cattolici in politica, oltre la diaspora: cinque condizioni per non fallire

E’ opportuno chiarirsi le idee, essere leali nell’esprimere le proprie intenzioni e passare velocemente dalle parole (tante!) ai fatti (ancora pochi!).

Da alcune settimane è evidente una grande mobilitazione nell’area cattolica e popolare: appelli, iniziative, incontri, gruppi sui social network, chat e tanto altro… per incoraggiare e sostenere una più incisiva presenza dei cattolici in politica.
Si tratta di un segnale interessante per quanti non si sono mai arresi ad una diaspora che negli ultimi vent’anni ha portato i cattolici ad essere presenti ovunque, ma (diciamolo!) non sempre adeguatamente rilevanti!
Non mancano, però, i timori e le preoccupazioni che anche questa volta non si riesca a tradurre in un percorso concreto il fermento attuale per conseguire l’obiettivo di una ricomposizione tanto attesa e auspicata.
E’ opportuno chiarirsi le idee, essere leali nell’esprimere le proprie intenzioni e passare velocemente dalle parole (tante!) ai fatti (ancora pochi!).
Cinque sono le condizioni, a mio avviso irrinunciabili, che dovranno sussistere se vogliamo evitare l’ennesimo fallimento.
  1. Occorre rimettere al primo posto la natura identitaria della proposta politica, radicandola nella Dottrina Sociale della Chiesa, con un impegno forte per l’equità sociale ed il rispetto dei diritti umani e senza alcun cedimento sui temi etici. I cosiddetti partiti plurali hanno dimostrato che la mancanza di riferimenti valoriali forti porta progressivamente allo svuotamento di qualsiasi proposta, condizionata dalla ricerca estenuante di ciò che unisce le varie anime del partito, generando una corsa al ribasso di contenuti e misure che riducano al minimo la conflittualità interna.
  2. Deve essere chiaro l’approdo del percorso che velocemente va concretizzato per dare un senso alla mobilitazione di questo momento: un Nuovo Soggetto Politico, cioè un Partito, che dia una forma organizzativa alla miriade di realtà associative, per favorire una convergenza in un Soggetto unitario senza annullare le specificità di ciascuno ma valorizzandole in uno spazio più ampio ed in una prospettiva temporale di lungo periodo. E’ comprensibile inizialmente una fase associativa, ma la storia ha dimostrato che non si può rimanere nel perimetro della cosiddetta area pre-politica quando è necessaria una presenza all’interno delle Istituzioni, che inevitabilmente comporta la partecipazione alle varie tornate elettorali con una lista, un simbolo, un partito. Continuare a sostenere una forma di presenza puramente culturale può significare ancora una volta alimentare la logica delle mani libere che consente a ciascuno al momento delle elezioni di collocarsi a destra e/o a sinistra in base alle convenienze personali se non è vincolato ad un legame significativo e vincolante con un partito di appartenenza.
  3. Equidistanza, indipendenza e autonomia rispetto agli attuali schieramenti dovranno essere i connotati della nuova formazione politica, per evitare le acrobazie elettorali dell’ultima ora ed eventuali alleanze innaturali, forzate e prive di ogni fondamento, sia politico sia strategico. Il flop alle elezioni del 4 marzo di Noi con l’Italia (nel centrodestra) e di Civica Popolare (nel centrosinistra) dovrebbe portare alla constatazione, in via definitiva, che i collegamenti con aggregazioni costituite soltanto per ottenere un seggio in Parlamento non funzionano più, o per lo meno funzionano soltanto per pochi, al di fuori di un progetto che possa intercettare anche gli elettori, delusi e spesso arrabbiati, che da tempo non si recano alle urne.
  4. Occorrono azioni di discontinuità a tutti livelli, nelle modalità di coinvolgimento e di partecipazione dei cittadini, nell’organizzazione e nei processi decisionali, nell’attribuzione di ruoli e funzioni e soprattutto in un rinnovamento di persone! E’ opportuno che facciano un passo indietro eventuali politici protagonisti in questi ultimi anni di varie storie di trasformismo ed è importante che lo facciano volontariamente, altrimenti sarà necessario invitarli a farlo, per non compromettere l’avvio di un percorso la cui buona riuscita dipenderà anche dall’effettiva ventata di novità che riuscirà a portare nel quadro politico.
  5. Autoeferenzialità? No grazie! La mobilitazione in atto sta rivelando l’esistenza di un’area straordinariamente ricca di esperienze, idee, progetti, associazioni, movimenti ecc… che dovranno necessariamente convergere in una casa comune e ciò richiederà uno sforzo da parte di tutti per superare ogni forma di autoreferenzialità: particolarismi individuali e di gruppo, rancori presenti e del passato, manie di primogenitura, diffidenze, paure e resistenze al cambiamento… evitando ogni tentazione di annettere qualcun altro, rivendicando rendite di posizione o la leadership del percorso e dell’approdo finale.
Sono queste le cinque condizioni per non fallire e per contribuire alla crescita della nostra democrazia, mettendo in campo le forze migliori del cattolicesimo italiano.
Se andremo oltre la diaspora potremo celebrare nel 2019 il centenario dell’Appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo con coerenza e nuovo slancio.
(Dal profilo fb dell’autore)