Cattolici popolari, ora la scelta definitiva

Il momento della scelta e della assunzione di responsabilità sono ormai arrivati.

Cattolici e politica. Cattolici e impegno politico. Partito o testimonianza? Impegno nella contesa pubblica o formazione delle coscienze? E’ sufficiente scorrere queste parole per rendersi conto che ci sono, del tutto legittimamente, versioni diverse e approcci radicalmente alternativi rispetto ad una rinnovata assunzione di responsabilità politica dei cattolici italiani nella società contemporanea.

Del resto, se dovessimo elencare le parole d’ordine che in questi mesi hanno fatto capolino nel dibattito politico, culturale, accademico ed intellettuale su questi temi, non avremmo che l’imbarazzo della scelta. Provo ad elencarli per fare ulteriore chiarezza: forum civico; lievito culturale; discernimento critico; formazione delle coscienze; reti di collegamento; contributo di qualità; delineare un pensiero; arricchire il prepolitico; affinare la competenza; e, buon ultimo, formare la futura classe dirigente. Per non parlare della necessità di dar vita a movimenti, gruppi, associazioni, forum e quant’altro.

Ecco, ho voluto ricordare solo alcuni aspetti e impegni concreti che accompagnano il seppur ricco e fecondo dibattito dei cattolici italiani dopo il profondo cambiamento della stessa geografia politica. E, accanto a tutto ciò, non mancano affatto coloro – penso, nello specifico, agli estensori e ai professionisti degli “appelli” e dei “manifesti” di carattere programmatico – che sostengono candidamente che prima di parlare di impegno concreto e diretto dei cattolici in politica sarebbe auspicabile attendere altri 20/25 anni. Per motivi del tutto misteriosi.

Ovvero, saltare una o due generazioni e poi essere pronti con una nuova e qualificata classe dirigente. Sperando, nel frattempo, di non essere passati tutti a miglior vita…. Ma, anche con il recondito pensiero che nutrono, come da copione, i professionisti degli “appelli” che vengono puntualmente ospitati dalla grande stampa laica: ossia, la disponibilita’ per i suddetti estensori a candidarsi in qualche collegio blindato o nella quota bloccata del proporzionale. Ovviamente, sempre per motivazioni di servizio e amore profondo nei confronti del proprio paese.

Ora, al di là’ di questi professionisti/opportunisti – che da sempre affollano la cosiddetta casta culturale del nostro paese, rigorosamente salottiera, elitaria, aristocratica e strutturalmente antipopolare, pur predicando l’esatto contrario – e’ indubbio che, sin quando prevale questo atteggiamento, la presenza politica dei cattolici e’ destinata ad essere relegata nel chiuso dei circoli autoreferenziali e nelle dispute accademiche e pseudo intellettualistiche del tutto slegata dai bisogni reali di chi, virtualmente, si vorrebbe rappresentare. Salvo poi concludere, appunto, questa predicazione con il raggiungimento del tanto sospirato seggio parlamentare in quota “cattolica” come indipendente nel futuro Pds a guida Zingaretti. Insomma, una sorta di “cristiano sociali” degli anni duemila. Ecco, il nodo da sciogliere è ormai chiaro a tutti.

O si continua la predicazione del prepolitico, delle coscienze da formare all’infinito, del lievito nella società accompagnati dalla rigorosa e inappellabile assenza dalla contesa politica oppure ci si decide, al di là dei cantori che blaterano di un’assenza dalla politica per altri venti anni, a “scendere in campo” realmente e senza remore. Certo, rischiando anche in prima persona e mettendo in conto una divisione di quest’area culturale – che del resto è profondamente plurale – ma senza continuare a rifugiarsi nella testimonianza sterile, impotente e anche un po’ ipocrita. Il momento della scelta e della assunzione di responsabilità sono ormai arrivati. Credo per tutti.