Il dibattito tra i cattolici popolari e democratici tra la conservazione dell’identità e la ricerca delle alleanze non nasce oggi. Anzi. Accompagna, da sempre, il cammino tortuoso ma esaltante, di un’area culturale che, malgrado l’afonia e l’irrilevanza pubblica degli ultimi anni, ha comunque contribuito in modo decisivo e qualificante alla conservazione della qualità della nostra democrazia, al consolidamento delle istituzioni democratiche e alla salvaguardia del nostro impianto costituzionale. In un paese, è sempre bene ricordarlo, che continua ad essere caratterizzato da “una passione intensa e da strutture fragili, secondo l’ormai celebre definizione di Aldo Moro. 

Ora, è del tutto evidente che di fronte ad una crisi della politica sempre più marcata e strutturale, le stesse culture politiche possono e debbono far risaltare la propria voce, il proprio pensiero e, soprattutto, la propria originalità. Sotto questo versante, la vera sfida politica, culturale e forse anche organizzativa nella stagione contemporanea, è proprio quella di saper valorizzare la propria identità da un lato inserendola, però, in una cornice di alleanze che preveda la presenza di altri filoni ideali e che siano in grado, insieme, di dar vita ad un progetto politico democratico, riformista, di governo e in grado di saper intercettare e di farsi carico delle istanze e dei bisogni dei ceti popolari. A partire, appunto, dai ceti popolari. Una sfida, quindi, a cui si deve rispondere non con la riproposizione di una sterile ed inconcludente testimonianza ma, al contrario, con una strategia che sappia declinare laicamente il nostro patrimonio culturale con l’apporto decisivo di altre esperienze. E questo per una ragione molto, molto semplice. Dopo al fine della Dc e del Ppi e l’impossibilita’ di riproporre quelle straordinarie esperienze politico ed organizzative, dopo il fallimento politico ed elettorale delle cosiddette esperienze “identitarie” frutto e prodotto di un impianto clerical/ confessionale e di inguaribili primogeniture narcisistiche ed autoreferenziali, dopo l’inadeguatezza dell’avventura populista e demagogica degli attuali attori politici – anche se ancora accompagnati da vasti consensi popolari e sociali – è sempre più indispensabile rilanciare una strategia politica che veda nel cattolicesimo popolare e sociale un protagonista e non solo una stampella. Purché accetti, sino in fondo, un postulato della vera cultura democratico cristiana: ovvero, saper misurarsi con una autentica “cultura delle alleanze”. Senza cedimenti clericali e confessionali, senza tentazioni autoreferenziali e soggettive e, soprattutto, senza regressioni puramente testimoniali. Anche se nobili e del tutto legittime. 

Ecco, la vera sfida oggi è tutta racchiusa in questa scommessa. La capacita’ di saper “trafficare i propri talenti” deve saper coniugarsi con l’altrettanto capacità di ritornare protagonisti in una stagione politica che richiede presenza pubblica, organizzazione, elaborazione culturale e un progetto di società. Il ritorno della destra, l’auspicato – per il momento un pio desiderio – ritorno della sinistra e la persistenza di una presenza antisistema e populista come quella dei 5 stelle non può non prevedere una presenza qualificata e visibile di una tradizione culturale che, con altre, può far uscire il nostro paese da una situazione di degrado politico e di pressappochismo culturale ineguagliabili. Viene da dire, citando uno slogan di cui si è molto abusato negli anni passati, “se non ora quando?”