In qualità di responsabile del Servizio di Neuropsichiatria infantile (NPI), ora in pensione, posso delineare come già negli anni Ottanta gli operatori di servizi diversi avessero elaborato un sistema di lavoro che permetteva di confrontare continuamente e periodicamente i metodi di intervento. 

Nel 1978, dopo l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, gli operatori lavoravano direttamente sul territorio presso ambulatori, consultori di quartiere, strutture educative (nidi, materne, elementari, centri socio educativi) e anche presso il domicilio di soggetti gravi.

Si avevano contatti frequenti con:

  • medici scolastici e assistenti sanitarie che svolgevano attività di prevenzione segnalando eventuali problematiche emerse dal lavoro periodico nelle classi filtro
  • pediatri di base per screening attraverso le vaccinazioni.

Con l’avvento delle USSL e delle ASL il Servizio di NPI si organizzò nei reparti ospedalieri e nelle équipe sul territorio  (Pavia, Voghera, Vigevano) secondo quanto indicato nel Piano Regionale della Regione Lombardia. Le figure professionali di riferimento erano medici NPI, terapisti della neuropsicomotricità, fisioterapisti, logopedisti, psicologi, consulenti di arteterapia, musicoterapia, tecnici ortopedici; ci si avvaleva di consulenze esterne di teatroterapia, ippoterapia, terapia in acqua. Si facevano incontri di équipe per coordinare e discutere gli interventi. Fondamentale era l’integrazione tra i diversi tipi di professionalità che agivano nel confronto e dialogo reciproco.

In ciascuna sede operavano un responsabile medico NPI e altri colleghi medici NPI che si dedicavano alla cura di bambini con patologie diverse: disturbi della personalità della sfera autistica, disturbi neuromotori, difficoltà di apprendimento contestualizzate all’interno delle difficoltà del percorso evolutivo.

In seguito alla prima visita del NPI e discussione del caso in équipe, si procedeva alla osservazione e valutazione per una eventuale presa in carico riabilitativa con progetto terapeutico e verifiche periodiche.

La presa in carico globale del bambino, oltre al trattamento ambulatoriale, comprendeva anche consulenze presso le strutture educative e del tempo libero (oratori, palestre) incontri con genitori, nonni e fratelli.

L’aspetto assolutamente innovativo consisteva nel fatto che gli operatori sanitari erano collegati con gli altri servizi del territorio: medici scolastici, assistenti sociali e insegnanti.

Periodicamente si tenevano riunioni allargate anche con i rappresentanti dei quartieri.

Era prassi normale che gli insegnanti segnalassero al Servizio gli alunni con problemi ed invitassero le famiglie a portarli ai nostri ambulatori.

Il servizio era basato su incontri di rete che includevano la Scuola (gruppi con insegnanti), le Strutture operanti sul territorio (pediatri di base, Istituto Dosso Verde di Pavia, Clinica Mondino) e “Gruppi dei genitori” (incontri mensili finalizzati alla condivisione riflessiva delle proprie esperienze, delle difficoltà sperimentate e delle strategie trovate per la soluzione dei problemi).

Attraverso le proprie specificità funzionali, il gruppo consentiva la condivisione e l’elaborazione degli aspetti dolorosi, il riconoscimento delle parti buone ed efficaci del ruolo genitoriale, l’assunzione progressiva di una posizione più attiva e quindi anche un ruolo genitoriale con potenzalità terapeutiche.

Nel Piano Regionale della NPI della Lombardia veniva indicato quanto fossero necessari interventi precoci di tipo diagnostico, di tipo terapeutico riabilitativo ed educativo assistenziale specializzato, per evitare la cronicizzazione dei disturbi. Tale cronicizzazione avrebbe determinato un elevato tasso di disabilità con conseguente gravoso impegno economico per il Sistema Socio Sanitario. Era quindi necessario predisporre un intervento che prevedesse la presa in carico dei soggetti attraverso la diagnosi precoce, controlli clinici, supervisione ai terapisti dell’Azienda Ospedaliera, counseling ai genitori.

Il rivedere queste esperienze ha sottolineato come ora il Sistema si sia impoverito, manchi la visione territoriale della Sanità e le offerte di servizi pubblici siano diminuite, senza contare il problema della pandemia che mette ulteriormente a rischio la salute dei minori.

Noi abbiamo lavorato con professionalità e dedizione in un periodo di sanità pubblica con un obiettivo ben preciso: la salute del paziente.