“Centro”, no a Pd e Forza Italia

Questo è il compito, oggi, di tutti i cattolici democratici e popolari che sono oggettivamente disorientati e senza rappresentanza politica.

Già pubblicato su Huffingtonpost

No al Pd e no a Forza Italia. Si potrebbe riassumere in queste poche parole la necessità, ormai richiesta a gran voce da autorevoli opinionisti e commentatori, di ricostruire un “centro” politico nel nostro paese. Un centro dinamico e riformista, non statico o puramente geografico. Certo, la richiesta non parte da vecchi ex democristiani e da inguaribili nostalgici ma da intellettuali e opinionisti estranei a tutto ciò che è seppur lontanamente riconducibile ad ogni ipotesi di politica di centro. E, nello specifico, ad un centro cattolico democratico e popolare.

La recente analisi di Angelo Panebianco, seguita a quella di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera, confermano che il sistema politico italiano e’ alla vigilia comprensibilmente di una ennesima trasformazione. Del resto, il mutamento profondo del profilo politico del Partito democratico – ormai avviato con Zingaretti a ridiventare un rinnovato ed aggiornato Pds, al di là della ennesima e anche un po’ patetica benedizione di Prodi – da un lato e il progressivo riassorbimento di Forza Italia nella Lega salviniana dall’altro, modificano radicalmente l’offerta politica a cui eravamo abituati da anni. E proprio Panebianco ha centrato il punto quando ha evidenziato che una cultura politica di centro quasi si impone in un sistema ormai proporzionale e soprattutto dopo l’avvento del governo giallo verde. Serve, cioè, un luogo politico, ovviamente non identitario, che sappia riproporre e recuperare ciò che ha rappresentato storicamente il miglior centro politico nella storia politica italiana. E cioè, cultura della mediazione, senso delle istituzioni, no alla radicalizzazione della dialettica politica, classe dirigente autorevole e competente, capacità di comporre gli interessi e riconoscimento pieno del pluralismo politico, sociale e culturale. Insomma, un luogo politico che ormai non può più essere banalmente rimosso come è stato fatto per lunghi 20 anni dominati dal dogma del bipolarismo e dalla democrazia maggioritaria. Ma, come dice sempre Panebianco, adesso il contesto è mutato e occorre prenderne atto. Sotto questo versante, un nuovo centro e’ destinato inesorabilmente a cambiare da un lato i partiti che avevano l’ambizione di rappresentare quel mondo culturale e quell’area elettorale e, dall’altro però, non può non tener conto dell’apporto decisivo della cultura cattolico democratica e popolare in quest’opera di ricostruzione. E questo non solo per motivazioni culturali e programmatiche ma anche perché nella concreta esperienza politica italiana la “politica di centro” e la “cultura di centro” sono sempre coincise con la tradizione e la cultura dei cattolici. E oggi, onestamente, proprio i principali detrattori storici e accademici di quella tradizione evocano e auspicano, seppur in forma aggiornata e rivista, il ritorno di un centro politico e riformista seppur, e giustamente, non identitario, che sappia garantire l’equilibrio democratico e costituzionale nel nostro paese.

Questo è il compito, oggi, di tutti i cattolici democratici e popolari che sono oggettivamente disorientati e senza rappresentanza politica. Cioè senza una casa politica. Al riguardo, è perfettamente inutile, se non anche un po’ ridicolo, che Zingaretti da un lato e Berlusconi dall’altro sostengano che i rispettivi partiti sono gli eredi del popolarismo sturziano e dell’ormai celebre “appello dei liberi e forti”. Dichiarazioni che si elidono reciprocamente perché, come tutti sanno, sono 2 partiti – Pd/Pds e Forza Italia – che ormai hanno cambiato profilo, ruolo e prospettiva rispetto al passato. Per questo la politica di centro e la cultura di centro devono, da adesso in poi, essere declinati con un nuovo soggetto politico, una nuova classe dirigente e un nuovo progetto politico.