Cesare Battisti, il prode che cambiò divisa per un ideale

Ancora di cittadinanza austriaca, si arruolò nell’esercito italiano per liberare gli alto-atesini dalla dominazione degli Asburgo-Lorena

Nato in Austria quando Trento era ancora controllata dagli Asburgo, è forse – con Guglielmo Oberdan – l’esponente dell’irredentismo italiano più popolare e citato dalla storiografia contemporanea.

Giuseppe Cesare Battisti, da non confondere con il Cesare Battisti pluriassassino ed ergastolano che il 14 gennaio 2019 è stato accolto a Ciampino in pompa magna da alcuni membri del governo leghista-pentastellato, trentino, classe 1875, decise di cambiare divisa militare in nome della libertà degli alto-atesini.

E così sposò la causa del giovane Regno d’Italia. Era una causa che partiva in realtà da molto lontano, ed era passata in maniera traumatica dall’occupazione napoleonica alla Restaurazione, per percorrere la tragedia della Grande Guerra e rivendicare ai posteri le ragioni della “vittoria mutilata”. Massone, di formazione socialista nel senso più complesso della sua accezione (era fondamentalmente un filantropo di estrazione umanistica), sin da ragazzo frequentò vari istituti di studio italiani (a Firenze e a Torino) aderendo ad alcuni movimenti studenteschi vicini a Gaetano Salvemini.

Nel momento in cui Cesare decise di cambiare sponda, lo fece da deputato del Reichsrat, l’allora parlamento austriaco, nel quale era stato eletto per il collegio Tirolo 6: impossibilitato a dare luogo tramite la politica alle istanze di autodeterminazione di Trento, nell’estate del 1914 emigrò definitivamente in Italia appellandosi a Vittorio Emanuele III perché annettesse con la forza l’Alto Adige all’Italia. Lo chiedevano migliaia di cittadini di etnia italiana per ragioni non solo geografiche, ma soprattutto politiche e identitarie.
Nel maggio 1915 l’Italia entra in guerra contro l’Austria, e Cesare non esita nemmeno un minuto: si arruola negli Alpini, Battaglione Edolo 50ma Compagnia. Ma le cose non vanno affatto per il verso giusto.

Solo un anno dopo, nel pieno degli scontri, è catturato proprio a Trento dalle truppe asburgiche; il 12 luglio 1916 è accusato di diserzione e alto tradimento, e viene impiccato in località Fossa del Cervara dopo essere stato sottratto a un tentativo di linciaggio da parte della folla che stava assistendo alla marcia verso il patibolo. Non rinnegò neanche in quei terribili attimi i suoi ideali, ma ribadì anzi la sua fede politica e la volontà di essere considerato cittadino italiano.

Il sacrificio di Battisti si compì in un periodo di forte tensione tra Austria-Ungheria e Italia, ovvero quando la Triplice era ancora operativa e attribuiva a Roma un ruolo assolutamente marginale. Tanto che la sistematica occupazione austro-tedesca di territori sovrani – tra cui la Bosnia Erzegovina – aveva provocato gravi malumori nella popolazione italiana e nelle stesse istituzioni.

Quella condizione, che evidenziò la posizione di partner debole del governo italiano, aveva lasciato nell’opinione pubblica uno strascico di malumori non più sanabili, e aveva contribuito a determinare un clima di avversione tramutatosi ben presto in sentimento di riscossa nazionale. Un clima per cui le aspirazioni irredentistiche sul Trentino e la Venezia Giulia si fecero sempre più energiche e confluirono in un ampio contesto di affermazioni colonialistiche, che il nascente regime mussoliniano esacerbò sino alla tragedia del secondo conflitto mondiale.