Un dibattito interessante e suggestivo. E anche ricco di spunti, costruttivi e seri, per il futuro. Quello tra Marco Follini e Lucio D’Ubaldo andato in onda sulla rete è stato un confronto politico vero. Non all’insegna della nostalgia nè, tantomeno, della sola memorialistica. Il tema di fondo era sì sulla Dc, la sua storia, il suo magistero, la sua classe dirigente e il suo progetto politico ma anche, e soprattutto, su che cosa si può trarre da quella esperienza nel dibattito politico contemporaneo. 

Dunque, la Dc ci manca? Non certamente la sua riproduzione in miniatura che, come quasi tutti sanno, non è più riproponibile. Anche perchè, per dirla con un autorevole e nobile democratico cristiano, Guido Bodrato, la “Dc era come un vetro infrangibile. Quando si è rotto è andato in mille frantumi e, pertanto, non è più ricomponibile”. Una osservazione come sempre lucida che azzera, in poche parole, le svariate e molteplici esperienze messe in campo in questi ultimi anni. 

Ma, per tornare al confronto organizzato dal Domani D’Italia, e al di là dei giudizi dei due amici sulla esperienza politica, di governo e sul profilo culturale della Democrazia Cristiana, una osservazione di Follini è stata decisiva e condivisa nella sua riflessione da D’Ubaldo. E cioè, “oggi noi siamo un mondo senza rappresentanza”. Da qui parte la riflessione su come inverare una grande tradizione politica e anche una “procedura democratica” nella cittadella politica italiana. Soprattutto di fronte al perdurante populismo – di governo o di opposizione fa ormai poca differenza – e ai tentativi di impadronirsi, a volte in modo un po’ macchiettistico, della intera esperienza democratico cristiana citando a giorni alterni i suoi esponenti più prestigiosi se non, addirittura, le encicliche papali. 

Ma un fatto è indubbio ed è stato sottolineato durante il confronto. Ovvero, al di là dei percorsi individuali e della varie opzioni politiche intraprese negli ultimi anni, è pur vero che in ognuno di noi – cioè in tutti coloro che hanno vissuto o condiviso quella straordinaria esperienza politica ed umana – resta il “marchio” di quella storia. Cioè, il senso di appartenenza ad una cultura politica, ad una comunità umana e ad una significativa e ricca avventura culturale. Da qui la domanda su come tradurre quella intuizione e quella cultura nella società contemporanea. Tema antico ma sempre attuale anche perchè le ricette in campo o sono in crisi o manifestano crepe e frizioni man mano che la storia scorre. Certo, lungo questa scommessa e questa sfida si incrocia anche la domanda su chi, oggi, è più titolato ad interpretarla. Se Follini ritiene esaurita la spinta propulsiva della generazione più squisitamente “democristiana” affidando ai territori, agli amministratori locali e ad una nuova leva anagrafica la fiaccola della staffetta, D’Ubaldo non riduce la scommessa politica ad un fatto puramente generazionale. E questo anche perchè la politica non ha un’età ma è ancora fatta, soprattutto oggi di fronte alla povertà e alla mediocrità dell’attuale classe dirigente, di passione, di intelligenza, di duttilità, di coerenza e di coraggio. Caratteristiche alquanto carenti in una stagione, purtroppo, ancora fortemente dominata dal populismo. Sia di maggioranza che di opposizione. 

Comunque sia, un confronto – egregiamente moderato da Daniela Preziosi del ‘Manifesto’ – che ha per l’ennesima volta confermato un dato. E cioè, la vasta, complessa e articolata esperienza democratico cristiana non merita di andare in pensione. Può ancora dare un proficuo e fecondo contributo alla qualità della democrazia italiana. E il confronto tra gli amici Follini e D’Ubaldo lo ha semplicemente ribadito.