Le parole di Mons. Forte, Vescovo di Chieti, sono state molto dure ed eloquenti: «Putin non riesce più a trovare argomenti per motivare il disastro che ha provocato. Il suo è stato un atto sacrilego, una strumentalizzazione del Vangelo finalizzata ad una auto giustificazione».

Citare il Vangelo per giustificare un’aggressione militare è immorale: «È una bestemmia, un atto sacrilego…». 

Lo ha detto monsignor Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti, nel corso di un’intervista pubblicata il 20 marzo da “La Stampa”. 

In un video che ritrae Putin che parla allo stadio Luzniki, il dittatore russo, per giustificare l’intervento delle truppe russe in Ucraina, cita il Vangelo di Giovanni (capitolo 15, versetto 13): “Non c’è amore più grande di dare la propria vita per i propri amici”.

Monsignor Forte ha spiegato che «Putin non riesce più a trovare argomenti per motivare il disastro che ha provocato. Il suo è stato un atto sacrilego, una strumentalizzazione del Vangelo finalizzata ad una auto giustificazione».

In questo modo – ha aggiunto il Vescovo – Putin mostra tutta la sua debolezza perché «non riesce più a trovare argomenti a sostegno della sua propaganda».

Secondo il Vescovo di Chieti, Putin si è macchiato di un’autentica bestemmia perché «le vittime innocenti che stanno morendo per colpa di questa guerra non possono essere legittimate con parole evangeliche», e perché «nominare Dio per giustificare il male compiuto tocca il vertice dell’immoralità e della follia».

In merito alle dichiarazioni del Patriarca Kirill che ha approvato la guerra di Putin, monsignor Forte – che pure è particolarmente impegnato nel dialogo ecumenico con le Chiese Ortodosse – ha dichiarato: «Credo che Kirill abbia subordinato il Vangelo a un potere politico, e ciò lascia sconcertati, è di una gravità inaudita».

Con riferimento alla guerra in atto, il Prelato ha detto chiaramente che «siamo di fronte ad un criminale di guerra che colpisce un popolo inerme e innocente. Putin è un despota con una visione meschina e barbara delle relazioni fra i popoli».

Per quanto riguarda il sostegno militare alla resistenza ucraina, monsignor Forte si è detto favorevole ed ha spiegato che, di fronte a un massacro, c’è un principio di carattere morale, anche cristiano, secondo il quale ogni forma di violenza va deprecata ma al tempo stesso esiste il diritto alla legittima difesa.

Secondo il Vescovo di Chieti, la resistenza del popolo ucraino è legittima e deve avere il sostegno dell’Europa e dell’umanità intera per difendersi «dalla barbarie di una volontà di potenza a dir poco cieca».

A proposito del sostegno alla resistenza ucraina, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, in un’intervista concessa al settimanale spagnolo “Vita Nueva” ha ricordato che «il diritto all’uso della forza per scopi di legittima difesa è associato al dovere di proteggere e aiutare le vittime innocenti che non possono difendersi dall’aggressione».

Il principio della legittima difesa è chiaramente indicato al n. 504 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, documento che esplica non solo la liceità, ma persino l’obbligo di tenere al riparo la popolazione civile dagli effetti della guerra.

Nel caso specifico della guerra in Ucraina, Parolin ha aggiunto che «l’uso delle armi non è mai qualcosa di desiderabile, perché comporta sempre un rischio molto alto di togliere la vita alle persone o causare lesioni gravi e terribili danni materiali. Tuttavia il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi. Allo stesso tempo entrambe le parti devono astenersi dall’uso di armi proibite e rispettare pienamente il diritto umanitario internazionale per proteggere i civili e le persone fuori dal combattimento».

«D’altra parte – ha concluso il Segretario di Stato vaticano – sebbene gli aiuti militari all’Ucraina possano essere comprensibili, la ricerca di una soluzione negoziata, che metta a tacere le armi e prevenga un’escalation nucleare, resta una priorità».