E’ partita il 3 ottobre la consultazione pubblica sulla “Strategia di sviluppo a basse emissioni di gas ad effetto serra” con un orizzonte temporale al 2050. L’Italia e gli altri Paesi dell’Ue dovranno predisporre e inviare alla Commissione europea entro il 1° gennaio 2020 le proprie proposte, come previsto dall’accordo di Parigi e dalle normative europee. A tal fine la consultazione pubblica intende dare a cittadini, imprese, associazioni di lavoratori, di categoria, no profit, professionisti del settore, istituti finanziari, la possibilità di formulare osservazioni e idee scrivendo all’indirizzo di posta elettronica dedicato presso il Mattm entro e non oltre il 4 novembre 2019.

Il 28 novembre 2018 la Commissione Ue ha presentato una strategia a lungo termine per un’economia moderna, competitiva e climaticamente neutra entro il 2050. Bruxelles ha messo in evidenza come l’Europa possa avere un ruolo guida per conseguire un impatto climatico zero, investendo in soluzioni tecnologiche realistiche, coinvolgendo i cittadini e armonizzando gli interventi in settori fondamentali, quali la politica industriale, la finanza o la ricerca, garantendo, al tempo stesso, equità sociale per una transizione giusta. Facendo seguito agli inviti formulati dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo, la visione della Commissione per un futuro a impatto climatico zero interessa quasi tutte le politiche dell’Ue ed è in linea con l’obiettivo dell’accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura mondiale ben al di sotto i 2°C e di proseguire gli sforzi per mantenere tale valore a 1,5°C.

In Europa, il mutamento incontrastato del clima avrebbe gravi conseguenze anche sulla produttività dell’economia, sulle infrastrutture, sulla capacità di produrre cibo, sulla salute pubblica, sulla biodiversità e sulla stabilità politica. Lo scorso anno le catastrofi legate alle condizioni meteorologiche hanno causato danni economici per la cifra record di 283 miliardi di euro ed entro il 2100 potrebbero colpire circa due terzi della popolazione europea, rispetto all’attuale 5 %: ad esempio, i danni annuali causati dagli straripamenti dei fiumi in Europa, che oggi ammontano a 5 miliardi di euro, potrebbero salire a 112 miliardi; il 16 % dell’attuale zona climatica del Mediterraneo potrebbe divenire arida entro la fine del secolo e in vari paesi dell’Europa meridionale la produttività del lavoro all’aperto potrebbe diminuire di circa il 10-15 % rispetto ai livelli odierni. Si stima inoltre che la prevista disponibilità di alimenti sarebbe notevolmente inferiore in uno scenario di riscaldamento globale di 2 ºC rispetto a 1,5 ºC, anche in regioni di primaria importanza per la sicurezza dell’Unione, come l’Africa settentrionale e il resto del bacino mediterraneo, compromettendo la sicurezza e la prosperità nel senso più ampio di questi termini, danneggiando i sistemi economici, alimentari, idrici ed energetici, e innescando quindi ulteriori conflitti e pressioni migratorie. Se non si affrontano i cambiamenti climatici, insomma, sarà impossibile assicurare in Europa uno sviluppo sostenibile e la realizzazione dei relativi obiettivi.

L’obiettivo della strategia a lungo termine è quello di ribadire l’impegno dell’Europa a guidare l’azione internazionale per il clima e di delineare una transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra entro il 2050 che sia equa sul piano sociale ed efficiente in termini di costi. Con questa strategia la Commissione europea non intende lanciare nuove politiche, né rivedere gli obiettivi fissati per il 2030 ma piuttosto indicare la rotta delle politiche Ue per il clima e l’energia inquadrando quello che l’Unione considera il proprio contributo a lungo termine agli obiettivi di contenimento della temperatura stabiliti con l’accordo di Parigi, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, i cui effetti si ripercuoteranno anche su molte altre politiche dell’Unione. La strategia avvia un profondo dibattito tra i decisori e i cittadini europei riguardo a come i 28 dovrebbero prepararsi in una prospettiva temporale al 2050, in previsione della strategia europea a lungo termine da presentare entro il 2020 alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In  tal senso il contributo di ogni Paese è fondamentale.