Tra gli elementi che avranno una forte ricaduta nella cittadella politica italiana nei prossimi mesi dopo la più grande operazione trasformistica del secondo dopoguerra, ci sarà sicuramente la scomparsa della “coerenza” nel dibattito pubblico. Tra i partiti e nei partiti. E’ di tutta evidenza, del resto, che riesce difficile, se non indigesto, d’ora in poi per larghi settori della pubblica opinione, continuare a credere ciò che dicono pubblicamente i partiti e i principali esponenti sulla politica, sulle prospettive, sui giudizi sugli avversari politici, sulle promesse programmatiche e via discorrendo. Dopo l’alleanza tra il Partito democratico e il partito di Grillo e Casaleggio tutto e’ possibile. Tutto e’ legittimo. Tutto è tollerato. Perché tutto si può dire e tutto si può azzerare anche nell’arco di pochissimi giorni. Del resto, anni e anni caratterizzati da tonnellate di insulti, contumelie, diffamazioni, attacchi politici e personali, querele tra i vari esponenti e poi nell’arco di pochissimi giorni tutto viene accantonato… 

Ora, di fronte ad un quadro del genere, e pur con tutte le buone intenzioni del caso, una considerazione molto semplice si impone: e cioè, e’ scomparsa la categoria della coerenza nella politica. Tutto si può dire e tutto si può smentire nell’arco di pochissimi giorni. Ogni proposta sul futuro, sulla prospettiva di governo, sulle alleanze per un nuovo progetto politico sono poco più di enunciazioni scritte sulla sabbia. Destituite di ogni fondamento e del tutto virtuali perché possono essere accantonate nell’arco di poche ore. Tutti i giorni in molti talk, sui social e nella rete in generale scorrono le immagini dei principali esponenti del Pd e del partito dei 5 stelle che giurano e spergiurano l’impossibilità storica, politica culturale, programmatica, etica e sociale per arrivare ad un accordo, anche di breve tempo, tra i due soggetti politici. Cosa è rimasto di tutto ciò? Assolutamente nulla. Come dicevo poc’anzi, tutto cancellato e tutto rimosso. 

Diventa francamente difficile, d’ora in poi, promettere una stagione politica all’insegna della coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, tra ciò che si promette e come ci si comporta. Una radicale dissociazione, una cesura netta tra i pronunciamenti e i comportamenti. Altroché l’antica e saggia lezione di Pietro Scoppola quando invitava i cattolici italiani impegnati in politica a non separare mai la “cultura del comportamento dalla cultura del progetto”. Lezione archiviata e consegnata ormai alla storia. Nessuno sa, ad oggi, quali saranno le ricadute politiche, elettorali e comportamentali di questa nuova stagione nata all’insegna del più spregiudicato trasformismo. Una cosa e’ certa: nessuno potrà più dispensare patenti di coerenza a destra e a manca. Semplicemente nessuno ha più l’autorità morale per farlo. Fuorche’ si creda in buona fede – sic! – che l’alleanza tra il Pd e i 5 stelle sia una “alleanza politica, culturale, etica, programmatica, culturale, di lunga scadenza” e quindi “storica. Come hanno sostanzialmente sostenuto Grillo e i maggiorenti del Partito democratico. 

Ora, per non ripetere osservazioni che ormai sono sotto gli occhi di tutti, c’è una sola considerazione conclusiva che non si può non fare. E cioè, dopo una lunga stagione in cui i partiti esprimevano più o meno una visione della società a cui faceva seguito un sisma di alleanze più o meno coerente con le pubbliche enunciazioni, e’ subentrata una fase – quella odierna – dove ciò che viene detto agli elettori e’ tutto e solo un finzione. Una virtualità. Ovvero, un racconto che poi viene sistematicamente negato da ciò che concretamente viene perseguito. E le vicende di questi giorni, sconcertanti per chi crede ancora, pur senza farsi grandi illusioni, nella “buona politica”, lo confermano persin platealmente. 

Ma, e questo è l’aspetto positivo, esistono ancora gli anticorpi nella società italiana – a livello politico, culturale, sociale, religioso ed etico – per opporsi a questa deriva e a questa perdita di credibilità della politica e, soprattutto, degli attuali partiti. Si tratta, soprattutto, di farli emergere e di trasformarli in soggetti politici veri che siano anche in grado, seppur in mezzo a grandi difficoltà, di far invertire la rotta rispetto all’attuale decadimento. Anche da una stagione trasformistica può ripartire una nuova pagina. Non tutto il male, a volte, viene per nuocere.