Prima di avviare un altro partito di centro, non sarebbe meglio tentare – scrive l’autore – la ricomposizione di tutte le diverse espressioni del cattolicesimo democratico e sociale? Continuare a giocare da soli potrà garantire un ruolo subalterno in qualche lista-rifugio, ma ciò non risolve il problema storico politico italiano.

Tutti alla ricerca del miglior allineamento  come i fantini con i loro cavalli al palio di Siena. Qui non si tratta di fantini assoldati dalla propria contrada e disponibili alla compravendita fedifraga del miglior offerente, ma di diversi “conducator” alla ricerca delle possibili alleanze pre elettorali.

La “giostra” era iniziata con l’incontro dell’on Gianfranco Rotondi con il suo nuovo movimento-partito, “Verde popolare”, foriero di una possibile alleanza elettorale bianco verde. Resta il dubbio se potrà coesistere una coalizione tra un amico, ancora organicamente legato a Berlusconi e a Forza Italia e l’on Bonelli, la cui rappresentanza reale dei verdi italiani è tutta da verificare.

Scontata la posizione a destra del trio dell’Udc – Cesa, De Poli, Saccone – ridotto al ruolo di ruota di scorta della Lega salviniana (spiace che su tali posizioni non si dissoci quella nobil donna della senatrice Binetti), dall’assemblea nazionale di Noi Di Centro, riunitasi sabato mattina a Roma su invito dell’on. Clemente Mastella,  è giunto un segnale di orientamento opposto, ossia quello di costruire una sorta di Margherita 2.0, essenziale, a detta del sindaco di Benevento, per garantire maggioranza e governabilità al Pd, al quale si richiede un ritorno all’Ulivo dei tempi prodiani. Anche qui un centro subalterno, smemori del fatto che,  come ci ha insegnato Donat Cattin, è sempre il cane che muove la coda, specie nelle condizioni attuali, tanto a sinistra che a destra.

Come a Venezia, negli anni’ 50, andava di moda la SVAC (Società Veneziana Aspiranti Conti), l’aspirazione nostalgica di una media borghesia di parvenu agli usi e costumi dell’antica aristocrazia, così, da diverso tempo, a Roma sembra sorta la SIAC (Società Italiana Aspiranti Conducator), particolarmente diffusa tra esponenti ex democratico cristiani. Ciascuno è impegnato a costruire un proprio partito/ino, col bel triste risultato che a furia di costruzioni, il villaggio delle diverse formazioni conta ormai un numero impressionante di casematte, molte delle quali senza alcuna prospettiva elettorale concreta. 

Ha un bel gridare Merlo, che ha aperto i lavori dell’assemblea, contro i partiti personali, se, alla fine, nel simbolo di Noi dì Centro, appare in bella evidenza il nome di Mastella. Noi vecchi democristiani siamo stati allevati in una scuola dove i partiti, non solo erano rispettosi dell’art. 49 della Costituzione, ma nei quali le leadership si conquistavano sul campo, nel duro lavoro del confronto politico anche più serrato.  Credo sia stato un errore inserire il nome di Mastella nel simbolo del partito, se si voleva evitare la critica di un ennesimo tentativo di personalizzazione della politica. Altro errore non aver esteso l’invito ai tanti amici di area Dc e popolare che, anche per questo, non erano presenti.

Sabato il Teatro Brancaccio era, comuqnue, al completo, nel rispetto delle regole anti-covid, e forte è stata la risposta delle “truppe mastellate”, sempre pronte a raccogliere l’invito del loro leader. Donne e uomini di tutte le estrazioni sociali, con molti giovani – prevalevano gli accenti meridionali, ma erano presenti anche amici di altre realtà territoriali italiane.

Occhio benevolo rivolto ai renziani e ad altri gruppi di un centro politico in movimento, con un netto rifiuto per l’asino di Buridano, Calenda, il quale, a furia di considerarsi al centro del mondo, a detta di Mastella, rischia di finire, appunto, come quell’asino triste. Netta la disponibilità a raccordarsi con Renzi, ma, è proprio di oggi (ieri per chi legge, ndr) la notizia che Italia Viva intende unificarsi in Parlamento col gruppo di Toti e Brugnaro. Manovre dei fantini prima del Palio del Quirinale?

Un’osservazione espressa anche da diverse persone che ho avuto modo di sentire al Brancaccio era la seguente: ma perché non impegnarsi innanzi tutto a ricomporre la vasta area cattolico democratica e cristiano sociale, aperti alla collaborazione con espressioni culturali dell’area liberale e riformista socialista e repubblicana, in alternativa alla destra nazionalista e populista e alla sinistra ancora in cerca della propria identità, piuttosto che continuare a frazionarsi in mille rivoli ?

In questo assai confuso allineamento, manca il mossiere del Palio, che, allo stato degli atti, potrà dare il via, solo dopo l’elezione del Presidente della repubblica e la decisione definitiva di governo e parlamento sulla legge elettorale. Al,riguardo, è positiva la conferma di Mastella a favore della legge elettorale proporzionale, purché combinata con le preferenze, ma, mi permetto di insistere: prima di avviare un altro partito di centro, non sarebbe meglio tentare la ricomposizione di tutte le diverse espressioni della nostra area sociale, culturale e politica? Continuare a giocare da soli potrà, forse, anche garantire un ruolo subalterno in qualche lista-rifugio, ma non risolve il problema storico politico italiano e della sua crisi di sistema; una crisi che non è solo riconducibile all’assenza di un centro in grado, come seppe fare la Dc, di saldare gli interessi dei ceti medi produttivi con quelli delle classi popolari, dando loro efficace rappresentanza politica, ma anche e, soprattutto, è legata all’esigenza del ritorno in campo di una cultura politica cattolico democratica e cristiano sociale ispirata dai valori e orientamenti espressi dalle ultime encicliche sociali dell’età della globalizzazione.

Guai se, tra l’egoistica volontà di competizione alla ricerca di un’affermazione personale o di un ristretto gruppo di aficionados e la necessità della collaborazione, prevalesse la prima. L’antropologia culturale ci ricorda che nell’isola di Pasqua, esempio del prevalere dello scontro, la competizione tra i diversi clan portò i Rapa Nui ad esaurire le risorse sino alla scomparsa della loro civiltà. Per costruire le grandi statue lipidee utilizzarono, infatti, grandissime quantità del legno dei boschi dell’isola sino all’esaurimento di quelle risorse e al progressivo depauperamento della biodiversità e della loro stessa civiltà. L’Isola di Anita, invece, sopravvive tutt’oggi, grazie alla collaborazione di tutti i suoi abitanti. Essa è la dimostrazione antropologica che la collaborazione vince sulla competizione. Vale sempre l’aforisma secondo cui da soli si va più veloci, insieme si va più lontano.

Sono anni che, da profeta disarmato, auspico questa ricomposizione della nostra area, per cui  formulo anche agli amici Clemente Mastella e al neo presidente dell’assemblea costituente di Noi di Centro, Giorgio Merlo, i migliori auguri, nella speranza che anche il loro encomiabile sforzo possa facilitare quell’unità possibile di un’area politica decisiva per il superamento della crisi di sistema dell’Italia.

 

Ettore Bonalberti

Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti) (www.alefpopolaritaliani.it)