È un fulmine a ciel sereno la scomparsa di Guglielmo Epifani, che ha rattristato l’intero movimento sindacale. Ho condiviso con Guglielmo per quattro anni l’impegno sindacale nei marosi delle trasformazioni che già in quell’epoca hanno interessato il mercato del lavoro, le politiche contrattuali, le vicende sociali esacerbate ancor più dalla crisi finanziaria originata negli Stati Uniti; e che hanno ferito fortemente anche le condizioni dei lavoratori italiani, ferite che ancora non sono state sanate.

Non sempre siamo stati d’accordo, ma abbiamo condiviso soluzioni unitarie date ai problemi con lealtà e senza rotture irreversibili. Infatti per cultura e indole caratteriale non amava le contrapposizioni, ed anzi nutriva rispetto e curiosità per le altre posizioni, avendo un ancoraggio solido di convinzioni che si rifacevano alla cultura umanistica della sua antica appartenenza al movimento socialista.

Paziente e tollerante, aperto al dialogo, ha dato alla Cgil un contributo importante per permettergli di restare saldamente tra i lavoratori, pur dovendo affrontare nodi non facili per i cambiamenti avvenuti su scala mondiale. In quel periodo il Sindacato confederale ha svolto un ruolo di primo piano sul sociale, sull’economia, ed anche sulle questioni istituzionali.

Non c’era governo che non privilegiasse il confronto con le organizzazioni del lavoro per rafforzare la coesione sociale nazionale: insomma eravamo ancora lontani dal periodo in cui le forze politiche, perché più deboli,  tentassero di annettere a se stesse ogni ruolo che è più sensato svolgere nel coinvolgimento di tutti i soggetti attori, soprattutto nella realtà sempre arroventata del lavoro italiano.

Nei confronti con i governi i temi di principio per Epifani erano sempre importanti, e non  amava né posizioni estremiste, né plebeismi di sorta, pur presenti in situazioni ingarbugliate di territori o fabbriche. Insomma, durante il suo permanere nel sindacato confederale l’armonia sempre impegnativa da ottenere si è avuta. Poi, come si sa, transitò in politica avendo desiderato molto completare il suo impegno personale nelle istituzioni.

Lo abbiamo notato, da deputato, segretario del Pd e nei ruoli istituzionali assegnatigli, lo stesso approccio pacato, schivo, lontano da esagerazioni. Guglielmo lo ricorderemo certamente come un militante sindacale e un politico sì di parte, ma certo persona consapevole del fatto che in una società complessa la ricerca dell’intesa e della collaborazione è il solo modo di far contare davvero gli interessi della gente. Gli scontri, il populismo come base per fare consenso, costituiscono invece il modo peggiore di servire i lavoratori e gli interessi generali della Nazione.