Prendere atto che le culture politiche sono esaurite è importante ma, al contempo, noi abbiamo anche il dovere di indicare quali sono le strade concrete che si debbono percorrere per ricreare un confronto politico serio e credibile tra i vari soggetti in campo. 

In una interessante, e lunga, intervista rilasciata da Pier Luigi Castagnetti al quotidiano “Domani” viene riproposta e affrontata la questione del “superamento delle culture politiche del novecento”. Una osservazione nota, e da tempo dibattuta, ma che richiede un supplemento di riflessione perchè semplicemente ne vale la pena. Del resto, che le culture politiche non alimentino più i partiti contemporanei è cosa nota. Almeno da quando i partiti italiani non sono più espressione di filoni ideali e di tradizioni culturali ma, molto più banalmente, il diretto prolungamento delle fortune e della popolarità del “capo” partito. Tutto, cioè, dipende dal tasso di simpatia e di empatia del capo. Con tanti saluti alla concezione del partito che affonda le sue radici in una cultura politica, al partito comunità e, soprattutto, ad un confronto tra visioni politiche ancorate ad un universo valoriale definito. 

Di qui il trionfo del trasformismo parlamentare e dell’opportunismo politico. L’esempio classico di questo malcostume politico, di questa decadenza culturale e di questo smarrimento etico lo offre quasi quotidianamente quello strano e singolare partito che risponde al nome dei 5 stelle. E questo perchè nell’arco di appena 3 anni questo partito ha fatto tutto e il contrario di tutto. Ha detto tutto e il contrario di tutto. E lo dico senza alcun accenno polemico ma per la semplice ragione che un partito senza identità e senza cultura politica – elementi da sempre teorizzati e praticati da quella formazione politica – riduce la politica ad un mercanteggiamento continuo privo di qualsiasi riferimento ideale e di qualunque coerenza politica.

Ora, prendere atto che le culture politiche sono esaurite è importante ma, al contempo, noi abbiamo anche il dovere di indicare quali sono le strade concrete che si debbono percorrere per ricreare un confronto politico serio e credibile tra i vari soggetti in campo. Se i partiti identitari non sono più riproponibili – e lo abbiamo sperimentato in questi ultimi anni dopo i ripetuti fallimenti di chi, seppur in buona fede, ha cercato di mettere in campo esperienze politiche riconducibili ad un impianto identitario – abbiamo, però, la necessità di individuare anche le strade attorno alle quali si qualifica e si articola un confronto politico. Perchè altrimenti il tutto si riduce inesorabilmente ad un gioco delle parti dove prevalgono il trasformismo, l’opportunismo e la ricerca del potere fine a se stesso. E dove perderebbero di significato le stesse categorie di destra, di sinistra e di centro. E questo perchè quando tramontano le culture politiche difficilmente regge lo scontro e la stessa polemica tra i vari schieramenti. Se non per ragioni di puro potere e di mera convenienza momentanea.

Ecco perchè la bella ed interessante riflessione di Pier Luigi Castagnetti merita di essere ripresa ed approfondita. Non solo perchè tocca un tasto cruciale del nostro tempo ma anche, e soprattutto, perchè ci obbliga a ripensare la nostra cultura e i nostri storici riferimenti ideali. Parlo, nello specifico, della nobile e ricca tradizione del cattolicesimo sociale e del cattolicesimo politico che difficilmente daranno vita ad esperienze partitiche dirette ma che, sicuramente, continuano ad alimentare ricette politiche e progetti politici. Si tratta, quindi, di saper ridare cittadinanza politica a questo giacimento ideale, culturale, etico e sociale. È un compito difficile, certamente. Ma occorre provarci. L’alternativa è il modello 5 stelle. Cio, per dirla con Mino Martinazzoli, “il nulla della politica