La nostra è una democrazia liberale. Il corpo sociale che sostiene le istituzioni democratiche è composto da gruppi molto diversi tra loro. Questi gruppi, tuttavia, possono e devono collaborare tra loro, su punti comuni, per contribuire al mantenimento della pace e dell’ordine democratico. Essendo questa la base etica e giuridica del nostro sistema, nessuno può danneggiare un gruppo sociale o un individuo, impedendogli di manifestare le proprie istanze culturali, religiose, politiche sessuali: poiché su questa diversità in concerto si basa la struttura intrinseca della democrazia liberale. 

Parliamo ora della tanto contestata, dentro e fuori al Parlamento, proposta di legge ordinaria Ddl Zan, la proposta di una legge presentata il 2 maggio 2018 dal deputato PD Alessandro Zan, riguardante “Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”. Il testo della proposta di legge è stato approvato durante il Governo Conte II alla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020, ed attende l’approvazione finale del Senato. La finalità di questa legge consiste nell’estendere il reato di odio, già presente nel nostro ordinamento, nello specifico odio contro il genere sessuale, l’orientamento sessuale e la disabilità. Una legge, quindi, che aggraverebbe la condanna, ad esempio, contro chi danneggia una persona soltanto perché è omosessuale.

Il testo è all’esame della Commissione Giustizia del Senato guidata dal senatore leghista Andrea Ostellari, il quale, per due volte, con varie motivazioni, ha rimandato la discussione del ddl in Senato. Il sospetto dei promotori del Ddl Zan in realtà è che una legge progressista sia tenuta in ostaggio da una componente politica “conservatrice” per mezzo di tecnicismi giuridici.

Se venisse approvata, quelli sarebbero le conseguenze pratiche di questa legge? Le conseguenze dell’eventuale approvazione del Ddl Zan saranno: una maggiore sensibilizzazione sul tema dell’omosessualità nelle scuole, lo stanziamento di fondi governativi per i centri di accoglienza e di ascolto contro la discriminazione di genere, veri e propri rifugi contro questi crimini di odio, nonché alcune modifiche in campo penale: il primo, la modifica dell’art. 604 bis del Codice Penale, la “Legge Macino”, che combatte i crimini d’odio (non l’odio in sé, piuttosto i crimini per cui viene dimostrato in tribunale che sono basati sull’odio nei confronti del “diverso”), modificando il secondo comma dell’art. 604 bis: “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”.

Il secondo punto che tocca il Ddl Zan in campo penale è il 604-ter del Codice Penale, quello che concerne una pena aggravata per chi commette reati fondati, appunto, su questo specifico odio. All’inizio dell’articolo ho parlato di democrazia liberare e di come possiamo rappresentarla brevemente, come l’insieme delle fazioni in un tessuto sociale che, anche se molto diverse, devono collaborare per il mantenimento del sistema. E’ indubbio che, nonostante vi siano associazioni, chiese, sindacati (anche partiti) molto diversi, per tradizione, in un Paese, vi possono essere gruppi sociali più grandi di altri. Questi ultimi vengono chiamati genericamente gruppi minori o minoranze. E’ indubbio che in un Paese africano, per quanto democratico e liberale, la maggioranza della popolazione sarà composto da cittadini di etnia (e cultura) africana, mentre i “bianchi” saranno la minoranza. Ad esempio, per quanto possano essere vari gli stili di vita in un Paese di tradizione cattolica, è indubbio che in questo gli stili di vita diametralmente opposti saranno la minoranza. Il concetto di protezione giuridica che scaturisce dall’applicazione della Legge Mancino tutela quindi queste minoranze, che fanno pienamente parte del sistema democratico-liberale, da quei crimini d’odio generico. Mancano tuttavia alcune specifiche minoranze che potrebbero venire tutelate (nello specifico) estendendo questa legge anche a loro. Questa sarebbe quindi una proposta di legge che andrebbe a “completare” una legge già in essere, tutelando, inoltre, quelle parti sociali minori che partecipano, anche con la loro dimensione culturale, all’ordinamento democratico.

La questione è quindi di tipo politico-istituzionale e non culturale. Tale legge, inoltre, non andrebbe a ledere la libertà di espressione di chi non si riconosce in tali minoranze; poiché esiste una differenza enorme tra la libertà di espressione, l’ingiuria o, peggio, la violenza. Ad esempio, continuare a non frequentare locali gay lo si potrà ancora fare. Dire, invece, che “quelli” andrebbero messi nei forni crematori, non sarebbe più soltanto un’ingiuria “generica” ma specifica, come specifico è il destinatario. Non facciamoci illusioni: la Legge Macino completata nel ddl Zan non andrà a sconfiggere le discriminazioni; queste ci saranno sempre, come anche chi insulta qualcuno per la strada. La Legge andrà “solo” a punire l’incitamento all’odio indirizzato verso una specifica persona, il quale potrebbe portare anche ad atti di violenza specifici.

Le opinioni personali resteranno sempre, e non saranno punite. Nemmeno quelle di chi considera i Meridionali al pari dei cani. Il rischio riguardo questa polemica sul ddl Zan è che si faccia passare questo come un tema di propaganda ideologica, oppure di emancipazione religiosa, come quella di quei “curiosi” cattolici che la approvano. L’esigenza di una modifica della Legge Mancino per mezzo del ddl Zan è puramente istituzionale, poiché tutelerebbe, nello specifico, dei soggetti specifici che in questo momento di tutele non ne hanno, se non, appunto, generiche. Checché se ne dica, anche loro fanno parte del corpo sociale. L’alternativa sarebbe quella di tramutare una democrazia liberale in qualcosa d’altro, il che mi sembra, per il momento, al di là delle forze del più motivato e solerte dei reazionari.