L’editoriale che campeggia da oggi pomeriggio sull’Osservatore Romano è un invito a seguire la traccia del lavoro politico di Alcide De Gasperi, svolto in pieno Regime Mussolini amo guardando già alla “soluzione democratica” del dopo fascismo. Lo statista trentino operava sul finire degli anni ‘30, quando ancora il “cattolicesimo ufficiale” fiancheggiava con il silenzio e il plauso di rito l’operato del Duce, per preparare una nuova pattuglia di popolari e democratici cristiani all’appuntamento con le future responsabilità della storia. In questa posizione degasperiana non c’è ombra di ambiguità sull’ancoraggio all’antifascismo, anzi è da questo ancoraggio che si diparte il disegno lungimirante del “partito di centro che muove verso sinistra”. È dunque importante che il quotidiano che si stampa nella Città del Vaticano offra alla meditazione dei cattolici di oggi l’esempio di un uomo – il vero “Padre della Repubblica” come più volte detto da Eugenio Scalfari – che dette prova di saper convogliare sul terreno democratico la grande risorsa rappresentata dal mondo cattolico dell’epoca. Non ci sono margini per indietreggiare, insomma, rispetto al contenuto e al metodo della lezione degasperiana: anche la suggestione di un nuovo partito d’ispirazione cristiana riporta alla concretezza di un’opzione democratica moderna, soprattutto ora di stampo europeista, in grado di portare i moderati stessi fuori dalla palude del moderatismo, per farne il pilastro (anti sovranista) della rinascita dell’Italia.    (l. d.)

Editoriale dell’Osservatore Romano

Aiutare oggi e immaginare il domani. L’esempio di De Gasperi.

Andrea Monda

Il 3 aprile il Papa ha offerto la sua messa del mattino per le persone che “pensano al dopo”, più esattamente queste le sue parole: «C’è gente che da adesso incomincia a pensare al dopo: al dopo la pandemia. A tutti i problemi che arriveranno: problemi di povertà, di lavoro, di fame. Preghiamo per tutta la gente che aiuta oggi, ma pensa anche al domani, per aiutarci a tutti noi».

È vero, esistono persone che hanno la capacità della pre-visione, di prevedere, loro sono i veri “prudenti”. Prudenza infatti viene da pre-videnza, è il contrario di quello si pensa comunemente, cioè la prudenza come il “non muoversi”, il frenare per evitare rischi. No, la prudenza è proprio l’arte di sapersi muovere anche nelle situazioni di difficoltà, di prepararsi per l’azione al tempo delle avversità, di sapere quindi progettare il futuro. Il prudente è proprio colui che esce dalla paralisi che spesso è provocata dalla paura. Questo progettare, gettare davanti, ha a che fare con il pensiero e l’immaginazione, con la capacità di intuire quello che già è presente ma ancora in forma nascosta, i semi per ora sepolti nella terra ma che presto germoglieranno.

Ma esiste davvero questa gente di cui parla il Papa? Ci sono persone che, già oggi, riescono a pensare a domani? La crisi che il mondo sta vivendo sembra aver messo in crisi anche la capacità della previsione, come se ci fosse una carenza di profezia. È talmente radicale, estrema, l’emergenza che sta attanagliando giorno dopo giorno le diverse nazioni e continenti che vengono colpiti dal virus che sentiamo di non essere in grado di progettare, di pensare al mondo che verrà dopo la fine della pandemia. Questo male è al tempo stesso antico e inedito e ci fa perdere i consueti punti di riferimento e anche le istituzioni politiche che dovrebbero esercitare il ruolo di guida, sembrano non avere parole per reagire alla sfida dell’oggi e visioni per immaginare il futuro.

Se vediamo indietro nella storia, sia quella civile che della Chiesa, vediamo che in realtà la storia presenta delle figure di uomini capaci di leg- gere in anticipo l’evolversi del tempo e di intervenire con spinta innovatrice e riformatrice.

Proprio il 3 aprile del 1881 a Pieve Tesino nasceva Alcide De Gasperi. A lui è attribuita la battuta che distingue il politico dallo statista per cui il primo pensa alle prossime elezioni, il secondo alle prossime gene- razioni. Forse la frase non è sua ma senz’altro di lui si può dire che è stato un grande statista. Nel Natale del 1938, con il fascismo all’acme della sua forza, ben lungi dall’inizio della guerra, a casa di Giuseppe Spataro, Alcide De Gasperi (lo ricorda Adriano Ossicini nella sua au- tobiografia) si chiamò in disparte i quattro, cinque amici presenti, e pose loro il problema: «Noi oggi, ci dobbiamo preparare, dobbiamo pensare al dopo, a quando il fascismo sarà caduto, perché non ci vorrà molto». E per tutta la seconda metà degli anni ’30 in Vaticano, come è raccontato nel saggio di Giuseppe Sangiorgi su De Gasperi, aiutato e stimolato dal Sostituto mons. Montini e dal direttore de «L’Osservatore Romano» Giuseppe Dalla Torre, insieme a Guido Gonella e pochi altri, cominciarono a preparare le “schede della democrazia”, una serie di studi monografici su vari temi, dalla politica estera e interna all’economia e alle questioni sociali, tutto materiale che poi confluì nei lavori dell’Assemblea Costituente, come ricordò poi lo stesso Gonella. I cattolici arrivarono preparati alla sfida della ricostruzione del paese, grazie al lavoro di persone come lo statista trentino. Questi uomini dunque esistono, e il Papa ci esorta oggi a pregare per loro, perché senza l’aiuto degli altri e delle loro preghiere, essi non avrebbero potuto svolgere il loro lavoro profetico di cui sempre, non solo oggi, il mondo ha bisogno.