Articolo pubblicato sulle pagine della rivista Treccani a firma di Franco Gallo

Parlare oggi di Democrazia 2.0 significa parlare della democrazia del futuro prossimo o dell’era digitale e, di conseguenza, della crisi del modello di democrazia rappresentativa finora applicato in Italia e della sua possibile integrazione con elementi di democrazia diretta.

Non è un’impresa facile perché, come ci ricorda Sartori nel suo saggio del 1957 su Democrazia e definizioni, il concetto di democrazia è stato sempre molto discusso a livello sia giuridico-costituzionale che politico e sociologico.

Specie in quest’ultimo ventennio esso è stato oggetto di profonde critiche anche sul piano del linguaggio, tanto che spesso lo si è associato al prefisso post e si è guardato a ciò che il futuro può offrirci “dopo” e “oltre” la democrazia. Jacques Rancière è stato il primo a usare il termine Postdemocrazia e Postdemocrazia è, appunto, il titolo di un fortunato saggio di Colin Crouch del 2009.

È un dato di fatto del resto che, specie dopo l’avvento della rivoluzione informatica, si parli sempre meno di democrazia tout court e che – consapevoli della debolezza del termine – la si aggettivi in funzione del tema che si intende trattare. La si definisce così, oltre che «rappresentativa», anche «liberale», «parlamentare» o «presidenziale», «elettorale», «sociale», «digitale», «formale» o «sostanziale», «diretta» o «indiretta», «bipolare» o «multipolare», «maggioritaria» o «proporzionale», «consensuale» o «conflittuale», «consociativa» o «competitiva», fino ad arrivare – come sottolinea Gianfranco Pasquino in un suo recente saggio del 2019 (Paradoxa, luglio-settembre 2019) – ad arricchire tale polisemia con ulteriori aggettivazioni di significato più strettamente politico:  «plebiscitaria», «populista», addirittura «illiberale».  

Il che porta inevitabilmente a interrogarci sulle ragioni del declino dell’attuale modello di democrazia rappresentativa e, soprattutto, a domandarci se eventuali iniezioni di democrazia diretta, fondate su referendum propositivi e su comunicazioni diffuse via Internet, possano correggere in senso più partecipativo l’attuale sistema, o addirittura – come taluno sostiene – possano porre le basi per un suo definitivo superamento, anche sul piano dell’assetto costituzionale.

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