La nota politica dell’Agenzia Italia, qui riprodotta in appendice, esamina varie possibilità di uscita dalla crisi. È un’analisi che obbliga a una scelta, viste le condizioni difficili del Paese. Il ricorso alle urne sarebbe la soluzione peggiore. Si ripropone infatti lo stesso dilemma del 2019, quando con lo “strappo” di Salvini si dovette scegliere tra elezioni anticipate e nuova maggioranza di governo.

In quel frangente “Il Domani d’Italia” sostenne quest’ultima ipotesi nella convinzione che rappresentasse il male minore. Oggi ripetiamo lo stesso concetto: andare al voto sarebbe pericoloso. Ne uscirebbe probabilmente un’Italia più divisa, con margini di governabilità più esigui, con tensioni più accentuate. Occorre pertanto frenare la voglia di tirare una riga, pensando poi di ricominciare in forma smagliante, senza le attuali contraddizioni. Ciò non autorizza a pensare che si possa andare avanti con l’astuta baldanza di Conte e l’ardito movimentismo di Renzi.

Anche se il “centro” esiste fondamentalmente in uno spazio che abbiamo definito extraparlamentare, è pur sempre un “centro” che pensa e vive la politica senza nebbiose estraniazioni dalla realtà quotidiana. Guarda perciò alla crisi con serietà e preoccupazione, cogliendo l’insidia nascosta nel vociare scomposto della destra pro-elezioni.

Qual è dunque l’auspicio di un “centro” responsabile, forte più di quel che si creda nella coscienza del Paese, dinanzi alla crisi? L’auspicio è che il Partito democratico assuma un profilo politico e sviluppi una iniziativa da cui possa ricavarsi la certezza di un nuovo punto di equilibrio, al tempo stesso coesivo ed espansivo, più di quanto finora la segreteria Zingaretti sia riuscita a garantire con il suo felpato approccio ai giochi di palazzo.

È una scommessa difficile, ma non ci sono alternative all’orizzonte. La lezione di Biden è stata solo evocata nel dibattito italiano, finendo subito nel limbo delle astratte congetture. Invece il problema è che in Italia, come appunto in America, una proposta di “governo progressista” regge se ricompone in modo autentico l’asse del riformismo democratico, acquisendo il connotato di un “centro aperto a sinistra”, più che di una sinistra sforzatamente benevola verso le istanze di centro.

Per molti aspetti la soluzione della crisi passa attraverso questo chiarimento sul ruolo del Partito democratico.

Tutte le strade sul tavolo per uscire dalla crisi, da un Conte III al voto.

(AGI)