Dialogo tra sordi

È chiaro a questo punto che quando Parolin apre al dialogo con “quelli che non la pensano come noi” non ci dà una grande notizia.

Il Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ha dichiarato ieri che “si deve dialogare anche con Matteo Salvini, dialoghiamo con tutti.” Poi ha spiegato meglio: “Il papa continua a dirlo: dialogo, dialogo, dialogo. E perché non con Salvini? Anzi, il dialogo si fa soprattutto con quelli che non la pensano come noi e con i quali abbiamo qualche difficoltà e qualche problema.” Fosse pure un dialogo tra sordi.

L’apertura di Parolin però è arrivata dopo una difficile, per il Papa, assemblea della Cei e due giorni dopo l’intervista al Corriere della Sera dell’ex prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Müller, nella quale il cardinale tedesco ha scudisciato il “cerchio Magico” del Papa, ddi cui Parolin fa parte. Il giorno dopo il voto europeo, Müller ha riflettuto, severo, che “dire come hanno fatto il direttore della Civiltà Cattolica Antonio Spadaro e il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che Salvini non è cristiano perché è contro l’immigrazione, è stato un errore”.

Proviamo a ragionare come fa Müller, con lui in tanti. Questi dicono: Salvini sarà pure contro l’immigrazione, all’accoglienza preferirà i porti chiusi anche per le navi militari italiane che trasportano profughi. Salvini attaccherà il Papa davanti al Duomo di Milano di Paolo VI e del cardinal Martini e godrà ascoltando i fischi che il suo popolo riserva a Bergoglio. Salvini sarà tutto questo, ma è anche uno che bacia il crocifisso, attorciglia le sue manone attorno a un rosario, si rivolge alla Beata Vergine chiedendole aiuto. Che volete di più? Salvini è la Madonnina che piange più Twitter. A suo elogio Müller aggiunge che quell’ uomo : “si è rifatto ai patroni dell’Unione europea, alle sue radici cristiane.” Un busto da inserire tra quelli di De Gasperi e di Adenauer.

È chiaro a questo punto che quando Parolin apre al dialogo con “quelli che non la pensano come noi” non ci dà una grande notizia. Dialogare, la Chiesa, i papi l’hanno sempre fatto, da Attila in poi. Qui è diverso, e il malcelato imbarazzo del Segretario di Stato tradisce la sua difficoltà più grande, affiancare e difendere un Papa sotto attacco.