Dopo-Merkel complicato. E se alla fine si tornasse alla Grosse Koalition?

 

Le elezioni hanno scosso gli equilibri consolidati, ma il dopo-Merkel non vede soluzioni scontate all’orizzonte. Si cerca di accelerare i tempi delle trattative, sapendo che è tutto molto complicato In effetti, la “coalizione semaforo” fra SPD, Grunen e Liberali, alla cui realizzazione Scholz si dedicherà nelle prossime settimane, non dovesse concretizzarsi la vecchia alleanza potrebbe tornare in auge.

 

 

Enrico Farinone

 

Le dichiarazioni dell’immediato dopo-voto sono inequivoche. L’obiettivo dichiarato del vincitore, Olaf Scholz, è la formazione di un governo a tre SPD-Grunen-Liberali, confinando la CDU all’opposizione. Risultato da conseguire entro Natale. E infatti già ieri si sono avviate le prime, informali, consultazioni fra i partiti. Ma non sarà facile centrare l’obiettivo.

 

I Verdi da soli non bastano. Con essi i problemi sono minori, semmai c’è una concorrenza sul piano elettorale, soprattutto con riguardo al mondo giovanile, che i socialdemocratici non dovrebbero sottovalutare. Le difficoltà sorgeranno con i Liberali, e non solo perché mediare fra le loro richieste e quelle degli ambientalisti non sarà impresa semplicissima.

 

La politica europeista di Scholz richiede un’alleanza di governo credibile. Christian Lindner, il leader liberale, non apprezza Next Generation UE e ancor meno qualsiasi ipotesi di riforma del Patto di Stabilità (un tema che si porrà fin dal prossimo anno), essendo un rigido ordoliberale che vede come il fumo negli occhi qualsiasi ipotesi di condivisione del debito, anche parziale, con gli altri partner continentali. Egli punta, lo ha già sostanzialmente reclamato, al Ministero delle Finanze, non per caso. Pessimo viatico per l’Unione e per l’Italia, sia detto per inciso.

 

Quattro anni fa la Merkel ruppe con i Liberali e optò per un rinnovato accordo con la SPD proprio sulla politica finanziaria e sui rapporti con la UE. Questa volta la volontà di un’intesa di governo e di potere fra SPD e gli stessi Liberali è maggiore, ma non sarà facile raggiungere una equilibrata mediazione.

 

Ecco perché, mi sbaglierò, ma alla fine non escluderei che a Berlino si riformasse una Grosse Koalition fra socialdemocratici e cristianodemocratici, anche se è stata esclusa da entrambi i partiti. Di fatto in continuità col governo uscente, ovviamente con la promozione al cancellierato del vice Merkel, Olaf Scholz, l’ottimo Ministro delle Finanze che ha vinto le elezioni, però col solo 25,7% dei consensi. E non escluderei nemmeno un discreto ma tenace impegno della Cancelliera in questo senso. Perché questa sarebbe una soluzione che consentirebbe, sul piano interno, alla CDU di darsi il tempo per riorganizzarsi, risintonizzarsi col Paese e individuare una nuova leadership. E su quello esterno, in sede europea, non indebolirebbe la Presidente von der Leyen e soprattutto confermerebbe le scelte adottate, quali il Next Generation UE, anche grazie al lavoro di Angela Merkel e del suo vice.

 

Se si analizza il voto di domenica si comprende infatti che i tedeschi hanno votato per un moderato cambiamento nel segno della continuità. Posto che la Kanzerlin non si ripresentava, con scelta saggia (bisogna capire da soli quando è il momento di smettere), e posto che il partito di maggioranza non era riuscito a trovare al suo interno una nuova leadership sufficientemente autorevole, gli elettori hanno premiato il vice di Merkel col vantaggio che costui era il candidato dello junior partner di governo: si è così potuto ottenere anche un cambio di guida, o almeno questo è quanto dovrebbe accadere. In altri tempi lo si sarebbe definito un rinnovamento nella continuità.

 

Scholz ha molti tratti caratteriali comuni con Merkel, che sono stati giustamente apprezzati e premiati. Uomo del nord, di poche parole, privo di accenti retorici o populisti, preciso e scrupoloso, discreto e certo non carismatico ha maturato una esperienza intrisa di affidabilità dapprima come Ministro del Lavoro durante gli anni della crisi finanziaria e poi, nell’ultimo quadriennio, come autorevole e competente Ministro delle Finanze. Già borgomastro di una grande città, Amburgo, è membro del Bundestag dal 1998. Il profilo di un politico di qualità e sostanza. Come quello di Merkel.

 

Certo, la cultura politica è diversa. Ma come la seconda ha saputo nel tempo circoscrivere e contenere le pressioni dell’ala più conservatrice del suo partito e di quello bavarese ad esso associato così il primo ha tenuto, sino ad oggi, sotto controllo quella più radicale della SPD, dimostratasi negli anni incapace di elaborare proposte allettanti per l’elettorato. Scholz ha condotto una campagna elettorale perfetta quanto disastrosa è stata quella del suo competitor Laschet. Con una linea politica attenta alle ragioni tradizionali della socialdemocrazia ma pure a quella del centro moderato riuscendo così a convincere elettori della Merkel, che hanno virato su di lui nella convinzione che le linee di fondo dell’azione governativa non cambieranno.

 

Certo, fra gli sconfitti CDU-CSU la componente più conservatrice già invoca la scelta dell’opposizione onde poter mettere le mani sul partito e condurlo ad una linea massimalista di forte contrasto ai socialdemocratici. Giocando al tanto peggio tanto meglio. Ma questo non è l’interesse della Germania, ed ecco perché – se la “coalizione semaforo” fra SPD, Grunen e Liberali alla cui realizzazione Scholz si dedicherà nelle prossime settimane – non dovesse concretizzarsi, come è possibile, la vecchia alleanza potrebbe tornare in auge.