Draghi e il ritorno della politica. Per educare, non per compiacere.

“L’appello a non vaccinarsi è lappello a morire. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire. Non ti vaccini, contagi, lui o lei muoiono.” (Mario Draghi, Conferenza stampa, 22 Luglio 2021).

 

Antonio Payar

 

 

Una sequenza di quattro periodi asciutti, in tutto una ventina di parole, ciascuno terminante con il verbo morire, presentato come finale sicuro di un declamare, ritenere, opinare, agire profondamente sbagliati. Questo l’intervento asciutto e severo di Mario Draghi.

 

Non si tratta di una persona chiamata a sistemare i conti o a far valere la stima mondiale di cui gode (per poi ciascuno ripararsi dietro, e rimanere accomodati nell’atavica pigrizia intellettuale; come scrive Sebastiano Vassalli, l’italiano è quello che chiamato da Dio nel giorno del Giudizio Universale risponde: “Chi, io?”).

 

No, qui si tratta della ricomparsa a trecentosessanta gradi di un governante educatore come agivano non pochi ai tempi in cui i partiti non erano solo combutte di interessi ma anche grandi aree ideologiche, con tutta la nobiltà di questa parola: un sistema di pensiero e il primato del domani; allora… _quando sembrava che il futuro avesse ancora un avvenire_, e quindi si doveva fare politica per farlo ‘accadere’.

 

Ma in questa micidiale sequenza di Draghi c’è di più: c’è la dimostrazione che spesso la verità non è una cosa per moderatismi, per insulsi ‘buon senso’ (Draghi va in TV e parla di cimiteri sicuri), per viedimezzo e di mezzucci, per annacquare con le Ragioni Penultime (il Pil, gli sbilanci, etc.) le Ragioni Ultime (la morte, che ne è di me?) che il Covid ha ‘imposto’ nel mondo. È un messaggio che riavvolge la bobina e si ferma sui fotogrammi di metà Marzo 2020 a Bergamo, con la processione notturna dei camion militari e delle bare.

 

Una lezione che dimostra che governare sugnifica guidare e non solo assecondare, e per guidare serve la Storia (col presente e basta non ci fai nulla). Ma è anche un messaggio che proprio perché ‘osa’ il vivere e il morire, si pone come paradigmatico della portata profondissima della sfida che il Covid ha posto non solo al nostro modello di sviluppo ma anche alle ragioni antropologiche e, bisogna dirlo con forza, spirituali, al Senso, che abbiamo messo in gattabuia in nome di prestazioni da incasso monetario certo (l’unica cosa propalata come ‘concretezza’…) e ovviamente infelicità sicura.

 

La radicalità filosofica dei quattro periodi esplicitati bruscamente da Draghi è appunto la dimostrazione di un pensare-agire già post-Covid perché non ‘aggiusta’ la sfida ma la guarda per quello che interamente è, finendo su una domanda esclusivamente personale e ineludibile: Io, cosa voglio per me e i miei figli domani?

 

Perché non si riparte da noi ma da io. Diverso, interrogato e desiderante.