Ormai da tempo, quando parliamo di Roma, parliamo di emergenze. C’è l’emergenza rifiuti, quella dell’inquinamento. O l’emergenza delle periferie, l’emergenza abitativa. A volte, solo a volte, l’emergenza legata al servizio di trasporto pubblico. Eppure il Covid-19 ci ha insegnato bene cosa sia un’emergenza, cioè una circostanza imprevista che si manifesta in maniera inaspettata.

Dunque il fatto che i romani debbano buttare l’immondizia o abbiano la necessità di vivere in un ambiente non inquinato, non dovrebbe sorprendere. Così come non dovrebbe sorprendere che utilizzino i mezzi pubblici per andare a lavoro. O che le persone che non hanno una casa, abbiano bisogno di un tetto sopra la testa.

Questi problemi che affliggono la nostra città, sembrano ormai essere diventati cronici o irrisolvibili.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Perché le necessità dei romani sono diventate problemi da risolvere? Perché i loro diritti sono emergenze?

Roma deve ripartire al più presto. Occorre progettare un rilancio della capitale che miri a farla tornare ad essere la città più amata al mondo, il punto di riferimento che è sempre stata. Per far crescere il benessere delle famiglie e favorire la vitalità delle imprese romane, servono intelligenza politica e coraggio istituzionale. Dobbiamo mettere in campo una politica strategica di sviluppo sostenibile della città, l’ammodernamento e la messa in sicurezza delle infrastrutture e dei servizi del territorio con interventi puntuali che costituiscano anche l’avvio di alcuni grandi progetti di rigenerazione urbana.

La nostra città ha bisogno di ripartire da quattro punti che devono essere i pilastri di un’azione che può sembrare visionaria ma che è invece assai concreta: visione, strategia, infrastrutture, cultura.

Il motivo principale per cui ci troviamo in questa situazione, riguarda la mancanza di una visione della città. Dobbiamo chiederci, come vogliamo che sia Roma da qui a 30 anni. Che modello di sviluppo urbano, economico, imprenditoriale e sociale vogliamo per la nostra città? In breve, come vogliamo vivere a Roma?
Serve un progetto che guardi al futuro della città, che sappia immaginarla e realizzarla a partire dalle necessità e dalle volontà dei cittadini e delle imprese. Chi amministra non dovrebbe solo chiedersi come si risolve un problema specifico ma intervenire sulla sua origine per far sì che non si ripresenti. Per farlo, c’è bisogno di una progettualità e di una competenza che purtroppo mancano a questa amministrazione. De Gasperi diceva che politica vuol dire realizzare e questo non sta succedendo.
Non servono idee per Roma: serve un’idea di Roma.
Non serve un Sindaco a Roma: serve una squadra competente, politica autorevole e determinata che metta in campo una visione. Poi il nome si, che dovrà guidare, con autorevolezza il processo di rilancio della Capitale d’Italia.

Ma occorre una strategia per stabilire come realizzare la visione. L’assenza di un piano strategico ci condanna a un eterno presente scandito dalle emergenze quotidiane. Non possiamo sperare in un futuro migliore, dobbiamo progettarlo. Capire le sfide di oggi e le necessità di domani, sono i presupposti alla base del successo di questa visione.
Sviluppo economico, lavoro, inclusione, servizi, sostenibilità, turismo, semplificazione burocratica, sviluppo digitale: sono queste le priorità per rendere Roma davvero competitiva, un ambiente in cui i cittadini e le imprese possano vivere e crescere.

Le infrastrutture sono la rete che consente di migliorare ogni aspetto della qualità della vita dei romani, di combattere le disuguaglianze che si rendono sempre più evidenti e che devono essere affrontate per far sì che ogni cittadino e cittadina possano godere degli stessi diritti. Infrastrutture solide e moderne sono gli strumenti alla base dello sviluppo della città. Le strade, il trasporto pubblico, le scuole, gli asili nido, i presidi sanitari, la rete internet, per parlare delle infrastrutture fisiche. Ma ci sono anche le infrastrutture sociali di cui fanno parte i servizi agli anziani, ai disabili, alle persone e alle famiglie in difficoltà.
Dobbiamo rimettere al centro la persona, i suoi bisogni e le sue necessità e per farlo dobbiamo invertire la tendenza secondo cui questi servizi sono considerati sprechi e non risorse.

Mettere al centro la cultura significa mettere al centro un sistema di tradizioni e di valori condivisi dai cittadini. E’ necessario affermare il valore della cultura come sistema di valori che uniscono i cittadini. Della cultura di Roma fanno parte le sue bellezze, le sue storie e la sua Storia, gli intellettuali e gli artisti che hanno passeggiato per le sue strade e che hanno aiutato l’umanità a progredire, passo dopo passo. Le loro tracce sono visibili a distanza di secoli e le persone vengono da ogni parte del mondo per poterle ammirare per qualche istante. Segni di un cammino millenario verso il progresso che risulta oggi minacciato dall’immobilismo di una amministrazione pietrificata dalla paura di sbagliare.
Abbiamo bisogno di cultura, la cultura della responsabilità e del coraggio, quella della legalità che affronta il malaffare perché non tollera che il beneficio di pochi costi il benessere di molti.
La nostra storia ci dimostra che la cultura crea valore sociale ed economico. Crea imprese e posti di lavoro. Lo sanno bene i lavoratori e gli imprenditori che in questo momento stanno soffrendo a causa della mancanza di turisti.

I romani hanno bisogno di risposte concrete e di una politica in grado di guidare la città verso il futuro, attraverso un processo di partecipazione democratica. Chi è salito al Campidoglio lamentando l’assenza delle istituzioni, oggi è meno presente che mai e in questo clima aumentano la paura e le incertezze dei cittadini. È venuto a mancare il rapporto fra le istituzioni e i romani che le hanno votate, non solo a livello cittadino ma anche municipale.

Non è un caso se dal 2016 a oggi le giunte di diversi municipi sono cadute e non è un caso che i cittadini abbiano scelto le coalizioni di centrosinistra quando sono tornati a votare.
I municipi sono il primo avamposto istituzionale e politico a cui i romani chiedono di risolvere i problemi del territorio ma si tratta di organismi che hanno poche risorse e poca agibilità.
Roma è una città grandissima, divisa in quindici municipi che non hanno le risorse economiche e la libertà amministrativa necessarie a intervenire in maniera efficace. Questo sistema non funziona e va cambiato. I municipi devono essere dotati di più risorse e indipendenza per agire con maggiore tempestività ed efficacia.

L’emergenza Covid ci ha spinto a sentirci più uniti come Paese e come città perché abbiamo avuto la prova di quello che noi del Partito Democratico diciamo da tempo: nessuno si salva da solo. È questa cultura democratica e riformista che può guidare la rinascita di Roma da un periodo di abbandono e disinteresse. Nel riformismo c’è l’idea di poter dare una nuova forma al presente per scrivere il futuro. Un futuro che oggi appare incerto ma che non è mai stato così ricco di promesse, di opportunità, di innovazione e di possibilità di rinnovamento.
Il confronto e il dialogo sono le radici del partito di cui faccio parte. Confronto e dialogo sono alla base della democrazia vera, in cui tutti possono esprimere la propria opinione. quella che vede nel riformismo la possibilità di migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini.

Ci aspettano tante sfide storiche e dobbiamo governare questi processi mettendo in campo le nostre competenze, la nostra passione e la nostra unità.