Continua ad essere il settore “simbolo” della crisi da coronavirus nel nostro Paese: fin dall’inizio della pandemia, infatti, il turismo italiano ha subito un tracollo dal quale al momento sembra impossibile risorgere.

Dopo 5 mesi che hanno bruciato 49,5 milioni di arrivi in Italia e 153,5 milioni di presenze oltre a 10,5 milioni in meno di Italiani all’estero, agosto e settembre non sono andati meglio, se non per una lievissima ripresa dei flussi interni, caratterizzati però da soggiorni brevi e capacità di spesa decisamente ridotta.

L’indice di fiducia del viaggiatore italiano, calcolato mensilmente da SWG per conto di Confturismo-Confcommercio, fornisce però indicazioni ancora peggiori per l’immediato futuro: la propensione a viaggiare scende a 49 punti, su scala 0-100, il peggior risultato di 6 anni di rilevazione dopo i 44 punti di aprile, quando eravamo in pieno lockdown: 17 punti sotto a ottobre 2019.

Sei italiani su dieci non prendono nemmeno in considerazione l’ipotesi di fare una vacanza da qui a fine anno e l’elemento alla base di tutto questo è la paura della pandemia, come dice il 64%. Un timore tanto radicato da influenzare, ed è questa la criticità maggiore, i mesi a venire fino all’estate 2021, quando gli intervistati considerano seriamente la possibilità di fare una vacanza di almeno 7 giorni.

Uno scenario dettato dall’emotività e dall’incertezza ma che, se confermato, farebbe saltare il business del settore per le settimane bianche, Carnevale e Pasqua.