Tutti sono pronti a sostenere che il passaggio di Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale sia la soluzione più semplice. Non è proprio così. Chi guiderebbe, infatti, la complicata e lunga procedura del Pnrr, se Draghi fosse eletto alla Presidenza della Repubblica? Il rischio è che il Paese cada nella ingovernabilità. Forse, se Mattarella fosse ancora in campo…

Agli inizi del mese di agosto è iniziato il semestre bianco e per gli addetti ai lavori della politica è vietato programmare crisi di governo; dunque chi ha voglia di litigare o di tramare, sa in partenza di non avere le armi cariche. Però le incognite che l’attuale situazione ci prospetta sono molteplici e comunque difficili da affrontare. 

Nella storia repubblicana questo appuntamento è stato sempre molto impegnativo per le forze politiche, giacché in ogni esperienza fatta non ci sono state mai certezze sugli esiti e i colpi di scena sono stati sempre tanti, al punto che si può affermare che sono diventati quasi una regola. Numerosi sono stati i casi che davano certa la elezione di un personaggio, ma poi dalle urne della assemblea deputata alla scelta del Presidente della Repubblica ne è uscita un’altro. Sarà per questo che i partiti normalmente non azzardano scontri e polemiche sulla scelta della più alta carica dello Stato e ciascuno si rende più cauto nel camminare su un terreno così scivoloso e ricco di imprevisti. 

Stavolta l’appuntamento sarà particolarmente legato a molteplici fattori di grande rilevanza: nazionali ed internazionali. Si sa che l’Italia da tempo è un sorvegliato speciale della finanza e dei paesi occidentali a causa della sua persistente incapacità di fare i conti con il suo esorbitante debito che rischia di diventare la miccia per nuove crisi internazionali. Solo in questi ultimi mesi costoro sono meno guardinghi verso il ‘Belpaese’ a ragione della rassicurante presenza alla guida del governo di Mario Draghi, ritenuto tra le personalità maggiormente di spicco a livello mondiale. 

Infatti si è presto notato che l’Italia, pur da lustri tenuta sostanzialmente fuori dai giochi politici mondiali, in un battibaleno ci è tornata visibilmente a pieno titolo. Va ripetuto che è grande la convinzione tra gli italiani che Draghi sarebbe la personalità adatta per sostituire Mattarella, ma la esigenza di dover garantire da Palazzo Chigi il buon andamento della gestione in fieri degli ingentissimi investimenti voluti dalla Unione Europea, difficilmente potrà essere sottovalutata. Questa garanzia è fondamentale per tirare l’Italia dalla condizione economica in cui si trova, ed assicurare una guida indiscutibile a forze politiche in generale non proprio predisposte concretamente a mettere al primo posto le nostre sorti economiche rispetto alle manovre per dare forza alle loro aspettative elettorali. 

L’altro punto di grande rilievo, riguarda la problematica circostanza del venir meno di Angela Merkel alla guida della Germania e della incertezza sulla permanenza di Emmanuel Macron all’Eliseo. Essi sono stati una solida guida per rendere possibile l’iniziativa così efficace ed inedita della UE per far fronte ai danni alla salute ed alla economia provocata dalla pandemia. Sono riusciti così ad innescare un processo decisivo per il conseguimento dell’obiettivo tanto necessario per il nostro futuro: fare dell’Unione un vero Stato federale. Ecco, la permanenza di Draghi a palazzo Chigi è anche il necessario rimedio per attutire il più possibile gli eventuali scossoni del passaggio di testimone in Germania ed in Francia, non mettendo così a repentaglio il lavoro così decisivo che soprattutto la Merkel ha saputo sinora condurre. 

Alla presidenza della Repubblica potrà provvedere ancora Sergio Mattarella. Si sa quanto abbia mostrato contrarietà per questa eventualità, ma al punto in cui siamo giunti,  con tanti nodi venuti al pettine e con l’incrociarsi di tante occasioni storiche che debbono essere colte, ciascuno, e soprattutto coloro che hanno e sentono responsabilità verso la propria Comunità, devono sentire il loro dovere.