Lutto nel mondo della politica. Questa mattina è arrivata la notizia della morte, a 87 anni, di Franco Marini. A gennaio era stato ricoverato per Covid.

Classe 1933, abruzzese di San Pio delle Camere, una laurea in Giurisprudenza, Franco Marini entrò nella Democrazia Cristiana nel 1950 è stato segretario generale della CISL, presidente del Senato, ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, segretario del Partito Popolare Italiano e parlamentare europeo.

È stato presidente del comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la presidenza del Consiglio dei Ministri.

A dare l’annuncio della sua scomparsa è stato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni su Twitter: “La politica come passione e organizzazione, il mondo del lavoro la sua bussola, il calore nei rapporti umani. Ci mancherà Franco Marini – ha scritto -. Ha accompagnato i cattolici democratici nel nuovo secolo“.

Il 17 aprile 2013 fu indicato come candidato alla presidenza della Repubblica da parte del PD, dal PdL, da Scelta Civica, dall’UdC, dalla Lega Nord, da Fratelli d’Italia, dal Centro Democratico, dalle minoranze linguistiche (SVP, PATT, UpT), da Grande Sud e da Il Megafono – Lista Crocetta.

Tuttavia alla prima votazione non riuscì a raggiungere il quorum richiesto di 672 voti, fermandosi a 521. Con tale risultato Marini è divenuto il primo candidato alla fine non eletto ad aver raggiunto in uno scrutinio la maggioranza assoluta dei voti, e il candidato non eletto col massimo numero di voti in un singolo scrutinio.

Nei giorni precedenti, ebbe uno scontro mediatico con il sindaco di Firenze Matteo Renzi, dopo che questi aveva criticato pubblicamente in televisione le candidature di Anna Finocchiaro e Franco Marini come possibili successori di Giorgio Napolitano parlando dell’elezione dello stesso come “un dispetto al Paese”.

Prontamente Marini rispose dichiarando:  “Nella mia vita pubblica ho ricevuto critiche e contestazioni. Come tutti. E’ normale e logico che sia così. Sono le regole del gioco democratico. Matteo Renzi però usa un altro registro. Insinua che io starei strumentalizzando e consentendo che venga strumentalizzato il mio essere cattolico a fini politici. Non posso lasciar passare in silenzio parole tanto gravi e offensive”. “Premetto  che io non mi sono candidato a nulla. Nella mia lunga vita sindacale e politica non ho mai utilizzato l’appartenenza religiosa per chiedere o ottenere incarichi di qualunque natura. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Non l’ho fatto mai e mai lo farei. Con la sua lettera (a Repubblica) invece è proprio Renzi che ha commesso il grave errore che mi addebita: usare la religione a fini politici. Cosa assolutamente inaccettabile. Una deriva nella discussione pubblica di cui davvero non si sentiva la necessità e di cui Renzi porta tutta la responsabilità”.