Dunque, come capita in tutte le elezioni, c’è sempre un bicchiere mezzo vuoto e uno  mezzo pieno. Per il momento, però, limitiamoci a qualche telegrafica considerazione. 

Innanzitutto il referendum. Non c’è alcun dubbio, piaccia o non piaccia, che ha stravinto  l’approccio populista, antipolitico e antiparlamentare. E non a caso, il vincitore, come tutti  gli italiani sanno, è sostanzialmente uno solo: il partito dei 5 stelle che interpreta in modo  coerente e lineare storicamente l’ideologia populista, demagogica e anti politica nel nostro  paese. Del resto, le parole d’ordine che hanno caratterizzato la competizione politica ed  elettorale per il referendum non erano quelle di riformare le nostre istituzioni, di renderle  più efficienti e di rilanciare la centralità del Parlamento. Molto più semplicemente, le parole  d’ordine erano quelle di “tagliare le poltrone”, “risparmiare soldi” e punire l’odiata “casta”.  Punto. Tutto il resto, come si suol dire, erano pure e semplici chiacchiere. E così è stato.  Altrochè il cantiere delle riforme e la nuova stagione costituente. Il nodo di fondo era  quello, e così è stato, di scagliare un sasso, l’ennesimo, contro la casta. Nel caso specifico  contro il numero eccessivo dei parlamentari. Adesso sarà curioso verificare se i  professionisti dell’anticasta si ridurranno anche gli stipendi. Non quello degli altri, però, ma  i propri. Anche se non va affatto sottovalutato il risultato, peraltro insperato, del No che si  attesta sul 30% e che conferma, tuttavia, che persiste ancora una vivace cultura politica e  costituzionale che non si rassegna all’onda lunga del populismo e della demagogia  antiparlamentare e antipolitica. 

In secondo luogo, parlando delle regionali, non si può non evidenziare lo straordinario  risultato dei due candidati alla Presidenza della Puglia e della Campania, e cioè Emiliano e  De Luca. Perchè la vittoria in quelle due regioni, peraltro già governate dal centro sinistra,  è riconducibile prevalentemente alla loro azione, alla loro personalità e al loro carisma.  Certo, molti dicono, e giustamente, che ha vinto anche in quel campo un approccio  populista. In parte è vero, come ovvio, ma il risultato finale premia queste due personalità  che hanno saputo imporsi azzerando i 5 stelle e ridimensionando il campo del centro  destra. Sulla Toscana c’è poco da dire perchè il risultato, al di là della propaganda e delle  varie speculazioni politiche, era ovvio che avrebbe premiato la sinistra. Come già capitò  per l’Emilia Romagna.  

In terzo luogo la Liguria. E qui non si può non rilevare il sostanziale fallimento  dell’operazione di trasferire a livello periferico la maggioranza di governo. Un fallimento  politico ed elettorale che condizionerà il dibattito politico in vista delle ormai prossime  elezioni amministrative. Come già capitò per l’Umbria, non sempre i due elettorati si  sommano. Una esperienza, quella ligure che è destinata a far discutere nei rispettivi partiti,  il Pd e i 5 stelle. 

Inoltre il Governo e il Pd. Indubbiamente ne escono rafforzati. Adesso, però, non ci sono  più attenuanti. Se è vero che adesso può partire il cantiere delle riforme, se è vero che la  maggioranza di governo può tranquillamente trasferirsi a livello periferico, se è vero che  l’agenda di governo deve ispirarsi a un vero e percepibile riformismo, adesso dobbiamo  vederlo semplicemente alla prova. Ripeto, non ci sono più attenuanti. Perchè il bivio  adesso è molto semplice: o continua a prevalere il populismo anti politico,  antiparlamentare e demagogico dei 5 stelle oppure, al contrario, si fa strada una ricetta  politica e di governo ispirata al buon governo e al riformismo. Tertium non datur. Lo  vedremo già dai prossimi giorni.

Infine i partiti minori. Se sul referendum il populismo ha avuto un indubbio successo che  va riconosciuto senza alcuna polemica, è altrettanto indubbio che proprio il partito di Grillo  ha registrato una bastonata senza precedenti. Un partito che si aggira, oggi, attorno al  10% dopo aver perso nell’arco di due anni oltre 2/3 del suo consenso. Una debacle senza  precedenti. Per non parlare dell’inconsistenza politica ed elettorale del partito di Renzi che  non supera neanche l’asticella del 3%. 

Insomma, un turno elettorale che offre diverse interpretazioni. Una su tutte. Adesso la  politica può e deve ritornare protagonista. Partendo dal No al referendum, dalla conferma  del centro sinistra in alcune regioni e dalla volontà di non assecondare la deriva populista  e demagogica nella vita politica italiana.