Riportiamo un ampio stralcio dell’articolo pubblicato sulle pagine di https://www.vaticannews.va/ a firma di Laura De Luca

Basandosi su testi originali di entrambi i personaggi storici, Giovanni Grasso, portavoce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha immaginato in un atto unico dal titolo ‘Fuoriusciti’, un incontro negli USA degli anni venti-trenta, quando entrambi, don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini, erano esuli dall’Italia fascista. Prodotto dallo Stabile di Brescia per la stagione 2019 -2020 con le interpretazioni di Antonello Fassari (don Sturzo) e Luigi Diberti (Salvemini) lo spettacolo è stato purtroppo sospeso causa pandemia e presenta due figure per molti versi speculari in quanto opposte, ma soprattutto documenta un rapporto basato su una grande capacità di dialogo, nonostante tutte le differenze. Ne parliamo con lo stesso Giovanni Grasso:

Sturzo e Salvemini: due personaggi meno lontani di quanto si possa immaginare… E in che cosa furono vicini?

R. – Io credo che i grandi personaggi della storia (Sturzo e Salvemini sono protagonisti forse non troppo conosciuti del secolo scorso) mostrino la loro grandezza proprio nella capacità di superare i limiti temporali della loro vicenda personale e lasciare insegnamenti anche a chi viene dopo. Credo che da entrambi venga un lascito universale che va oltre i loro tempi, forse da Sturzo di più perché era un teorico, un filosofo della politica, Salvemini invece spese la sua vita nella politica contingente, non fece progetti a lunghissima scadenza…

Definirli universali ci impedisce però di definirli attuali o di pensarli comunque modelli anche per un tempo come il nostro che, al netto dell’emergenza sanitaria planetaria, non sembrerebbe presentare affinità con il loro tempo. Allora si viveva in una dittatura dichiarata. E dunque quali suggerimenti possono provenire da Sturzo e Salvemini per il nostro presente?

R. – L’insegnamento fondamentale è questo amore fortissimo, senza mediazioni nè compromessi, per la libertà. La libertà e la democrazia vengono prima di qualsiasi altro pensiero o progetto. Ora, se questo è facilmente comprensibile per un personaggio come Salvemini, che veniva dal socialismo liberale, che era un democratico, nel caso di Sturzo è ancora più interessante perché a quel tempo non tutti i religiosi avevano un’idea così forte della libertà e della democrazia. Al contrario: c’erano fortissime tendenze teocratiche contro cui Sturzo però si è sempre battuto. Del resto, nella storia, quasi mai si possono fare paragoni fra diverse epoche. Però alcuni aspetti sono interessanti. Per esempio si discute oggi – ed è uno dei maggiori crinali di divisione fra i vari Paesi – fra approccio multilaterale e nazionalista (o sovranista). Tutta la predicazione di Sturzo, fin dagli anni dell’esilio, ovvero dal 1924 in poi, è fortemente critica verso il nazionalismo, che si cominciava a manifestare nelle varie dittature. E su questo il discorso è attuale ancora oggi. Comunque non mi spingerei oltre nel cercare similitudini fra le due epoche. Vorrei solo sottolineare che coloro che hanno combattuto per la libertà, che hanno preferito la via dell’esilio piuttosto che “accomodarsi” in Italia contro la propria coscienza e il proprio sistema di valori (una scelta storica che avrebbe potuto portare anche al sacrificio della vita) sono persone che meriteranno sempre nei secoli futuri il diritto alla memoria.

C’è un passaggio del suo testo in cui lei mette in bocca a don Sturzo (quasi tutta la pièce è basata su testi originali, NdR) l’accusa contro la classe politica post-unitaria di aver imposto dall’alto modelli uguali per tutti. Una unificazione rigida e centralizzata. Questo “errore” è ancora il nostro?

R. – Naturalmente è nota la polemica di Sturzo sullo stato accentratore, sui piemontesi che arrivano in Italia e impongono regole uguali per tutti in un territorio geograficamente ma anche socialmente e culturalmente molto diverso. Da quello che leggo sui giornali mi sembra che il tema oggi sia un po’ all’opposto: si dovrebbero riportare allo stato centrale alcune competenze che sono state elargite con eccessivo ottimismo alle regioni. E lo si è visto con la pandemia. Oggi poi usiamo erroneamente il termine “federale”, visto che il federalismo è un movimento verticale, che unisce stati divisi. Sturzo stesso infatti parlava piuttosto di regionalismo, della possibilità di dare più poteri alle regioni, e alle comunità locali la possibilità di organizzarsi autonomamente. Un tema, come lo pone Sturzo, molto attuale. Certamente sono molto attuali le denunce che sia Sturzo che Salvemini facevano sull’arretratezza del meridione. E va ricordato che erano entrambi meridionali e meridionalisti (Sturzo siciliano, Salvemini pugliese, NdR). Questa arretratezza – oggi si direbbe questo divario economico Nord-Sud – è ancora uno dei problemi irrisolti dell’Italia contemporanea.

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