“Mi auguro che non nasca un governo troppo squilibrato a sinistra. Se il bicolore PD-M5S si trasforma in un tricolore con LeU, molti di noi saranno in forte imbarazzo”. Questo, sul suo profilo Fb, scriveva ieri mattina Pier Ferdinando Casini.

Mancava poco alla presentazione della lista dei ministri. Non aveva notizie precise, l’ex Presidente dell’Udc? C’è da dubitarne. L’ingresso di LeU a quell’ora veniva dato per scontato. Quindi, con quella perorazione social Casini ha inteso prendere le distanze dal governo, senza con ciò revocare in toto la disponibilità alla collaborazione. Sta di fatto che il passaggio dal bicolore al tricolore, con lo spostamento a sinistra dell’asse di governo, segna un mutamento d’umore dell’area a vocazione centrista (residuale nelle Aule di Camera e Senato, in forte ripresa nella società).

In ogni caso, il sostegno parlamentare è necessario, pena l’indebolimento del nuovo esecutivo all’atto stesso della nascita. Non è il tempo dei (facili) distinguo. È fin troppo chiaro, infatti, il rischio di compromettere l’avvio di una nuova fase politica, svalutando la particolare congiunzione astrale che ha permesso di estromettere Salvini dal governo.

Sul Conte bis valgono obiezioni comprensibili, non solo, in verità, per la partecipazione determinante di LeU. Sì poteva fare di più e meglio. Ma oggi il primo dovere consiste essenzialmente nella difesa di un’operazione che ha sancito la sconfitta del sovranismo di matrice leghista. Poi si vedrà, a tempo debito, perché nessun governo è immune dalla critica proveniente dai suoi stessi sostenitori.

Ora, se l’idea di Casini è riconquistare spazio in questo modo, come pure immaginano di fare i Calenda e i Cairo,  assegnando cioè una funzione pregiudizialmente critica all’area di ‘centro’, il pericolo è che la destra riesploda in tutta la sua incontrollabile virulenza. Occorre lavorare ‘dentro’ la nuova maggioranza, con lealtà e responsabilità, assumendo l’onere di una ricomposizione possibile delle forze democratiche e popolari. Agire con lungimiranza è quanto mai opportuno, innanzi tutto nell’interesse complessivo dell’Italia.

L’augurio, dunque, è che a Palazzo Madama non venga a mancare l’apporto di Casini. Che la Bonino voti contro la fiducia, basta e avanza: fa parte, bene o male, della imprevedibilità del personaggio. Invece, aggiungere ulteriori elementi d’incertezza non sarebbe motivo di vanto, bensì di potenziale discredito. All’imbarazzo va messo un argine.