Pochi giorni fa, ascoltando il discorso di Enrico Letta all’Assemblea Nazionale del PD, mi ha colpito l’auspicio di vedere tornare protagonista una Italia “globale ed europea”, aperta al mondo e alle nuove tecnologie, valorizzando e coinvolgendo le donne ed i giovani, puntando sull’istruzione, la formazione e la cultura.   Il fatto di essere stato per oltre sei anni “un italiano all’estero” ha certamente contribuito a rafforzare una visione ad ampio raggio delle prospettive del nostro Paese.

Nelle cronache di quell’evento, tuttavia, una attenzione pressoché esclusiva è stata riservata alla polemica sullo ius soli, tema sul quale mi sento di dire che tanto la meritoria proposta di darne attuazione quanto la deplorevole reazione di rigetto restano rinchiuse in un ambito di poco respiro rispetto all’idea di “italicità” cioè di una piena apertura culturale sovranazionale, che supera ogni riferimento ai confini territoriali di un paese (1).

E qui mi soccorre un ricordo personale.

Anni fa, poco prima dello scoppio della tragica guerra civile che ha praticamente distrutto quel meraviglioso Paese, mi trovavo in Siria per effettuare qualcosa che ora, con il protrarsi del Covid, appare assolutamente straordinario: un tranquillo viaggio di turismo culturale assieme a mia moglie. Su suggerimento dell’ambasciatore italiano di allora avevamo preso in affitto un’autovettura con autista-accompagnatore e, nei luoghi prestabiliti, disponevamo di una guida che, di volta in volta, ci illustrava la storia e le bellezze del luogo.

A Palmira rimasi estremamente colpito da un aneddoto raccontato dal nostro momentaneo cicerone. Ci trovavamo ad una delle porte d’entrata della vasta Agorà che fungeva anche da luogo di incontro e da caravanserraglio per le numerose carovane commerciali che tanto avevano arricchito questa importante città mercantile sulla via tra Oriente e Occidente.  Su uno dei pilastri della porta di accesso alla cd Corte delle Tariffe si trovava una grande lastra di pietra su cui era  riportato un elenco dettagliato delle tasse di transito da pagare alla città per ciascun componente (uomo/donna/ bambino o animale) della carovana.  La guida, però, ci rivelò che simmetricamente sull’altro pilastro dell’ingresso era affissa un’analoga lastra di pietra (custodita, a quanto ci fu allora detto, al British Museum di Londra). In essa si prevedeva la possibilità  di negoziare o profondamente rivedere queste tariffe nel caso che nella carovana ci fossero state persone di  cultura o di scienza disposte a condividere il loro sapere.

Nelle mie ricerche non sono riuscito ancora a trovare conferma dell’esistenza di questa seconda lastra che decretava un accesso gratuito (o perlomeno fortemente scontato) in cambio di una condivisione di conoscenze e di sapere. Ho tuttavia sempre voluto fermamente credere nella veridicità di questa storia che testimonia la ricchezza che può scaturire da uno scambio intelligente dei saperi, da una condivisione delle conoscenze, da una visione da investitore di medio/lungo periodo rispetto al desiderio di patrimonializzare nell’immediato, dai benefici che si possono trarre da un approccio aperto alle differenze e da una valorizzazione intelligente delle opportunità che possono nascere dalle relazioni, specialmente se internazionali.

La Storia conta infiniti esempi  dell’importanza dell’ibridazione culturale per il progresso ed il benessere di coloro che l’hanno perseguita senza limitazioni forzose o pregiudizi di sorta (in primis di ordine religioso ma non solo). 

A cominciare dall’antica Roma che – come ricorda Umberto Laurenti (2) – ha compiuto un autentico “capolavoro politico” quando, cambiando radicalmente l’atteggiamento

negativo precedente, “decise di concedere a tutte le popolazioni italiche il diritto di cittadinanza romana,

sulla base non dello jus sanguinis o dello jus soli ma del mos maiorum”. In altre parole, portò “sotto il dominio della legge romana tutte quelle popolazioni che con Roma

condividevano il mos, cioè la comunanza di ideali, mentalità, costumi: il trionfo della identità culturale rispetto alla

forza delle armi.

Grazie a questa innovativa e straordinaria decisione, inizia ad esistere una civiltà italica sostanzialmente

svincolata dalla logica dei confini territoriali, del potere unitario e della centralità amministrativa, che riesce a

sopravvivere indenne alla caduta dell’Impero romano, ai lunghi secoli del Medioevo, al frazionamento tra Comuni,

Stati e Signorie della Penisola, grazie al legame di consonanza culturale comunque perdurante…..”.

Come non ricordare anche la prosperità e ricchezza della Spagna araba dell’El Andalus o la vivacità economico-culturale di “città-incontro” o “città-ponte”  multietniche quali, limitandoci sempre all’area del  Mediterraneo, Costantinopoli/Istanbul, Smirne, Beirut, Alessandria d’Egitto, Barcellona, Genova, Venezia, Dubrovnik/Ragusa, Corfù e Salonicco.

D’altronde, come ha evidenziato lo storico J. Phillips nel suo ultimo libro (3), il fatto che Saladino dopo la conquista di Gerusalemme (1187) non avesse proceduto a repressioni o persecuzioni della comunità di fede cristiana fu essenzialmente dovuto al suo interesse a mantenere intatto il patrimonio di esperienze, conoscenze e tradizioni del ceto mercantile e di potere sviluppare ulteriori opportunità attraverso le relazioni con una componente cittadina diversa ma tuttavia utile e operosa.

Un crogiolo fertile ed autorigenerante di idee e di esperienze che si registra anche in tanti altri ambiti come nel settore della formazione con gli scambi internazionali di studenti e di docenti piuttosto che tra ricercatori di varia provenienza in centri per l’innovazione tecnologica o tra manager in imprese multinazionali anche di dimensioni “tascabili”.

Concetti e valori, quelli della “ibridazione” o dell’osmosi tra diverse identità culturali, che, tuttavia, non hanno vita facile neppure oggi, nel XXI secolo, e addirittura in paesi insospettabili. 

Fui, ad esempio, particolarmente sorpreso per la reazione estremamente critica dell’opinione pubblica dei paesi nordici europei al lancio di una campagna pubblicitaria all’inizio del 2020 del tutto innovativa da parte della SAS, la compagnia di bandiera dei paesi scandinavi. 

La Scandinavian Airlines, infatti, aveva ideato e avviato un progetto promozionale – denominato “What is truly Scandinavian ?”  (facilmente scaricabile in rete) – incentrato sulla provocazione che, nei campi più disparati (dall’alimentare, al design, alla tecnologia), nessun prodotto era autenticamente scandinavo ma ciascun manufatto derivava dalla fusione di tanti e diversi apporti culturali non autoctoni succedutisi nel tempo. Fusione permessa e agevolata proprio dalla tradizionale apertura culturale dei paesi scandinavi e dalla possibilità di fare esperienze al di fuori dei propri confini attraverso lo sviluppo dei rapporti internazionali stimolati anche dai viaggi e nel progresso nelle comunicazioni e nei trasporti di cui la SAS è stata e sarà senza dubbio co-protagonista. Un racconto (per non ricorrere all’abusato termine dello “story telling”) affascinante destinato a stimolare alla riflessione e spingeva a guardare all’oltre, al futuro. Inaspettatamente, almeno per me (che mi ero sempre fatto un’idea molto diversa sui paesi del Nord Europa) a seguito di proteste sempre più diffuse tra l’opinione pubblica, probabilmente alimentate anche dal crescente peso di movimenti politici sovranisti anche in quei paesi, questo innovativo ed intelligente spot pubblicitario è stato censurato dal “mercato domestico” ed accantonato per essere sostituito da un filmato promozionale più classico e tradizionale.    

Qualora ci fosse ancora bisogno di evidenziare l’importanza per il nostro Paese di puntare sui giovani e sui “nuovi italiani” o “italici”, pochi giorni fa il Presidente della Repubblica Mattarella premiava 28 ragazzi tra i 9 e i 18 anni come “Alfieri della Repubblica” cioè esempi di cittadinanza basata sull’impegno, la solidarietà e sull’assenza di confini mentali, culturali e di nazionalità. Un altro tassello, quello culturale, per la transizione essenziale alla ricostruzione e rinascita del nostro Paese e al contributo che l’Italia e gli “italici” potranno dare all’Europa e al mondo.   

 

(1) Piero Bassetti “Svegliamoci Italici – Manifesto per un futuro glocal” ed. Marsilio, 2015

(2) Umberto Laurenti “Ci sarà un nuovo Rinascimento italico dopo questa pandemia ?” in QA – Turismo Cultura & Arte del 21/04/2020

(2) Jonathan Phillips “Il Sultano Saladino tra vita e leggenda” ed. Mondadori, 2020