FORSE IL CENSIS S’È SBAGLIATO, IL POPULISMO RESTA VIVO E VEGETO. MA QUAL È LA NOZIONE DI ‘POPOLO’?

 

C’è da dire che “la nozione di popolo – sostiene l’autore – per Bergoglio è altra, ma altra cosa da quella di La Russa e di tutti i populisti in pectore. Per Bergoglio e con la sua “Teologia del popolo” – come chiarisce bene Lino Prenna nel suo libro “Dal cattolicesimo democratico al nuovo popolarismo. Sui sentieri di Francesco” (e di Sturzo), che bisogna per forza leggere – il popolo non è per niente lotta di classe e conflitto fra opposti”.

 

Nino Labate

 

La stampa non ne ha parlato molto. E se ne ha parlato è stato solo perché si è trattato del vice di Mattarella che, per la carica ricoperta, dovrebbe essere super partes. Invece, appena un paio di giorni fa ha partecipato e si è schierato a Catania con la Festa Tricolore – una festa voluta a suo tempo dal Msi – e al suo solito polemizzando  ad alta voce e col dito indice della mano destra alzato, come usa oggi, attaccando  violentemente sia il Sindacato sia la Confindustria: si sono permessi, guarda tu, di  criticare la Manovra finanziaria. E fin qui niente di male, perché libero di farlo. Cosi come erano liberi di criticare la Manovra, appunto, Sindacati e  Confindustria.

 

Ma se c’era da assistere a una brevissima lezione seria, sintetica sul significato e sulla nozione di populismo, quello che ancora si trascina stanco in Italia, ci ha pensato nella circostanza proprio Ignazio La Russa: “(…) noi non siamo al servizio di nessuno, se non del popolo italiano e questo vuol dire equilibrio…”. Parole che sembrano un vero polpettone acido a base di limone e aceto. Senza distinguere e senza specificare cosa si nascondesse in quel “nessuno”, criticando si, ma senza prendere le distanze e senza scegliere tra l’eventuale diavolo e l’eventuale acqua santa. Che in questo caso, come si e detto, risultano essere nel suo velato intento Confindustria e Sindacati, visto che non si sono riconosciuti nella Manovra finanziaria. Pensiamola come vogliamo, ma Sindacati e Confindustria sono corpi intermedi significativi della nostra Costituzione liberale, del nostro sistema socioeconomico e del nostro Welfare. Che però, quel particolare popolo italiano unico, compatto e indistruttibile che intende La Russa, non ne avrebbe  bisogno! Questo (suo) popolo, a cui si rivolge, in rapporto diretto col Governo e col “noi”, basta e avanza. Altre scocciature di mezzo non ne occorrono.

 

C’è solo da dire, per passare a cose molto più serie, che la nozione di popolo per Bergoglio è altra, ma altra cosa da quella di La Russa e di tutti i populisti in pectore. Per Bergoglio e con la sua “Teologia del popolo” – come chiarisce bene Lino Prenna nel suo libro “Dal cattolicesimo democratico al nuovo popolarismo. Sui sentieri di Francesco” (e di Sturzo), che bisogna per forza leggere – il popolo non è per niente lotta di classe e conflitto fra opposti. È un popolo antropologicamente diversificato ma unito da una sapienza comune, che esprime “…la storia, e la cultura del paese, intendendo per  cultura la mentalità diffusa e il sentire comune” –  così Giannino Piana,  che assieme a Giorgio Vecchio e Matteo Truffelli, recensisce  bene il libro di Prenna sul numero 2/2022 di “Appunti di cultura e Politica”, periodico dell’Associazione “Città dell’uomo”.  

 

Per La Russa invece il popolo è un gruppo sociale omogeneo e compatto. Uno e uno solo. Che bisogna servire. Un gruppo unico, come quello di Grillo. E non solo di Grillo. Un popolo inteso come solitario e confuso blocco soltanto sociale, in rapporto diretto con il (suo) Governo del Paese e, caso mai, con il solo (suo) partito ben nascosti dal “noi”. E quando si è al servizio di questo unico, compatto e indistinto  popolo, significa raggiungere il top dell’equilibrio.

 

Nel vocabolario di La Russa, come si vede, il pluralismo sociale, culturale e politico non esiste. Una tragica idea autoritaria e centralistica della destra storica. Forse la stessa idea presidenzialistica di Giorgio Almirante, ripresa oggi dalla Meloni, e su cui conviene tenere gli occhi ben aperti, anche perché vecchio tema del populismo littorio.  La Russa non si rivolge ai suoi elettori o ai suoi potenziali elettori. No! Si rivolge al popolo italiano (tutto) perché sia i Sindacati quanto la Confindustria non sono popolo, ma sono lontani dalla sua idea di  popolo. È solo augurabile che non ci sia di mezzo anche la razza!

 

Ce allora da dire che per La Russa, come si vede, non esiste neanche la parola mediazione: caratteristica  centrale del cattolicesimo democratico del Novecento, ormai in disuso di fronte all’emergere del politico come alternativa tra amico e nemico. Una mediazione, come ricorda Lino Prenna – e tocca per forza dirlo – radice ideale e fondamento culturale e politico dei “compromessi storici” e delle “…convergenze parallele”. Del buon governo orientato al bene di tutti e che tiene conto delle diverse proposte in campo; pensiero e prassi politica messi in luce dalla Democrazia cristiana storica in tempi insospettabili di contrapposizioni “murate”, in cui era tuttavia possibile mediare tra proposte diverse e idee diverse ben sapendo che non si era di fronte ad un unico e roccioso popolo inteso come mix indistinto e confuso tra ricchi e poveri,  primi e ultimi, sfamati e affamati, garantiti e non garantiti. Le diversità rimanevano e si continuavano a  rappresentare. E non c’era un pensiero unico, perché la forte dialettica partitica era viva e vegeta: di fronte non si aveva un popolo compatto e supposto unito in un solo blocco, semmai diversi  “popoli” – mi si consenta la forzatura del plurale – di diversi territori; diverse  classi sociali e ceti; diversi interessi e attese. Diversi a partire dalla cultura delle irrinunciabili dimensioni locali e comunali con i loro mondi vitali, da La Russa dimenticati. E diversi nei dialetti e nei costumi, ma a tutti uniti al fondo della loro coscienza conoscitiva. 

 

Insomma, non era un solo popolo – unico, solido e compatto – a cui ci si rivolgeva, piuttosto a “popolazioni” piccole sì ma differenti, pronte a diventare un’entità unica soltanto quando facevano il salto nella fede. Chissà cosa ne pensa la sua cara amica Meloni alle prese con questioni più serie e più “s-quilibrate”, che hanno però da fare i conti con una pluralità di blocchi sociali con interessi e attese diversi, aspettative e speranze diverse, e anche domande diverse, di cui proprio la Manovra finanziaria è una significativa dimostrazione. Resta il fatto che la sua, in ogni caso, è una vera lezione di populismo oratorio. Fa capire anche ai bambini il  linguaggio del populismo,  capace di far presa e convincere strati di opinione pubblica in preda alla paura.  E tutto questo, proprio mentre il Censis nel suo ultimo Rapporto, avverte e sottolinea che in Italia il populismo è in crisi  e che siamo entrati in un periodo di post populismo. Pazienza!

 

Ripeto. C’è però Lino Prenna che nel suo libro chiarisce bene cosa sia il popolo per il mondo cattolico e per Papa Francesco. E cosa possa essere un nuovo popolarismo, che per Prenna non è un partito, ma caso mai una filosofia politica prepartica e una weltanshaung della persona, con i suoi diritti umani. Pur riconoscendo la legittimità democratica di un pluralismo politico, Prenna rimane però convinto che in un mare magnum di partiti e partitini ormai personalizzati, centristi, moderati e quant’altro, tutti nelle mani del leader di turno solitario e senza squadra, quella che occorre alimentare e non fare disperdere è proprio la cultura cattolico democratica e popolare. Ed è anche, perché no, la nozione di popolo: quella però che intende Bergoglio.