È davvero impressionante vedere il palazzo dell’informazione di Gaza crollare all’istante, dove c’erano una ventina di testate tra cui la prestigiosa AP, fonte primaria di buona parte dell’informazione globale.

Più o meno come facemmo noi su Belgrado, (peraltro senza neanche l’attenuante di una diretta minaccia alla nostra sicurezza). Nel dibattito nazionale sta passando una tesi, avvalorata principalmente dall’Ispi, senz’altro interessante, secondo cui si assisterebbe al rischio di una guerra civile, se non a Gaza, nelle città miste dei territori occupati.

A me sembra per taluni aspetti una chiave di lettura da approfondire meglio in rapporto alla situazione, perché per una parte in causa si tratta di guerra fra stati, di liberazione dall’occupante, per l’altra parte di difesa della Patria.

Le guerre civili insorgono tra appartenenti alla stessa nazione, come purtroppo rischia di poter avvenire in Francia. Questo è un tipo di conflitto dove i belligeranti perseguono obiettivi diversi per natura da quelli di una guerra civile.

E rischia di essere – se non disinnescato per tempo con il ripristino di un credibile piano di pace, come quello americano – un altro tassello, forse quello fatale, a comporre il pericoloso puzzle di un contestuale acutizzarsi di crisi di natura diversa, passibile di ogni tipo di evoluzione. Per questo richiede più che mai anche un approccio e un impegno per la pace di tipo olistico, al fine di abbassare il livello di surriscaldamento del quadro globale a partire dalla gestione di questioni che apparentemente sembrano non avere alcuna diretta relazione con la crisi in corso tra Israele e Palestina.