Nel trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino mi viene alla mente un episodio – un dialogo fra i deputati Giancarlo Pajetta (PCI) e Maria Eletta Martini (DC) che ho ascoltato da un divano “accanto” nel transatlantico di Montecitorio – sul finire del 1989. Quella era evidentemente la parte finale di una conversazione fra due colleghi che si stimavano sul piano personale oltre che politico.

Non sono stato indiscreto perché la voce baritonale di Pajetta si faceva ascoltare ben oltre il divano su cui ero seduto io. “Il tuo Dio, cara Maria Eletta, se esiste, è un Dio crudele”. “Cosa dici Giancarlo, vedi di non bestemmiare perché non lo sopporterei”. “No, non voglio bestemmiare, ma debbo ribadire che – se esiste – è crudele, perché se non lo fosse non mi avrebbe tenuto in vita sino ad oggi, per farmi assistere al fallimento della mia vita. Quella comunista è stata per me una fede, a cui ho dato tutta la mia vita, compresi dieci anni di galera. Capisci il mio dolore?”.

Ecco questo tema del dolore dei comunisti non era considerato da chi non lo era, tranne uno: Benigno Zaccagnini. Più volte confessó infatti di pregare in quel periodo per i suoi amici comunisti di cui comprendeva sino in fondo l’umana sofferenza, proprio lui che nel 1963 alla Camera. all’indomani dell’innalzamento del muro, aveva “profetizzato” che quel muro sarebbe stato abbattuto non da carri armati ma dall’anelito alla libertà dei popoli soggiogati dall’Unione Sovietica.

(Dal profilo fb dell’Auotore)