Articolo pubblicato sulle pagine di Agensir a firma di Gianni Borsa

Si può domandare a un giovane di impegnarsi in politica? O quanto meno a interessarsene, tenuto conto che attraverso la politica (se ben intesa…) si regola la vita civile, si interviene sull’esistenza quotidiana delle persone, si può cercare di costruire il bene comune? Un nuovo volume – promosso dalla Fondazione Lazzati e dall’associazione Città dell’uomo di Milano, frutto di una lunga ricerca che ha coinvolto diversi giovani – rimette al centro la questione: si intitola “Aprire percorsi. Per un impegno da giovani credenti in politica” (In Dialogo 2020), a cura di don Walter Magnoni, Mario Picozzi e Alberto Ratti. Ne discuteranno lunedì 25 gennaio (ore 18.45-20.00) don Bruno Bignami, direttore Ufficio nazionale per i problemi sociali e lavoro della Cei, Giorgio Vecchio, storico dell’Università di Parma, e Isabella Stoppa, consigliera comunale di Corsico (Milano). L’incontro si terrà on-line (per partecipare è necessario iscriversi a questo link: https://forms.gle/XVQ29kpxvfGYRA4JA).
Ne parliamo con uno dei curatori, Alberto Ratti, 33 anni, milanese trapiantato a Monza, è impiegato nell’amministrazione e gestione del personale in una storica scuola paritaria della città. Impegnato da anni in Azione cattolica, dal 2010 al 2012 è stato presidente nazionale maschile della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana).

“Aprire percorsi” è il titolo del volume: ebbene, quali percorsi?
Il titolo del volume richiama indirettamente l’invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti i fedeli dalle pagine della sua prima esortazione apostolica Evangelii gaudium, quello cioè di “iniziare processi più che possedere spazi”. Francesco affermava, poi, come “il tempo sia superiore allo spazio”, invitando a lavorare a lunga scadenza e senza l’ossessione dei risultati immediati, in contrasto con il pensiero comune e i modelli più in voga nella nostra società. Si tratta, quindi, di rimettersi in gioco e di provare a sperimentare nuove strade e nuove soluzioni per avvicinare le giovani generazioni all’impegno socio-politico, senza predeterminarne l’esito e senza l’ansia dei numeri e di quanti vi parteciperanno. Rispetto al passato – recente o non – è utile che le persone interessate non siano più soltanto dei meri fruitori o uditori, ma soggetti attivi e partecipi delle diverse iniziative. La proposta è quella di suggerire percorsi di discernimento che partano da casi concreti, dall’esperienza sociale in senso ampio, per far capire le ricadute politiche di determinate azioni e invogliare le persone a impegnarsi e spendere il proprio tempo per gli altri e per il bene delle comunità in cui vivono.

Il volume si apre con una prospettiva storica, insistendo sulle scuole di formazione politica realizzate in diocesi di Milano, dalla metà degli anni ’80, su sollecitazione del card. Martini: quali gli obiettivi di allora?
Erano principalmente tre: fare memoria, conoscere, partecipare per progettare. Il primo obiettivo (“fare memoria”) era quello di fornire strumenti e categorie di pensiero agli interessati a un impegno diretto, facendo loro comprendere i grandi processi storici e le modalità d’impegno dei cristiani nella società. L’obiettivo “conoscere” voleva contribuire a far avere sempre più chiari gli elementi principali della Dottrina sociale della Chiesa e le dinamiche mutevoli della realtà contemporanea. Il terzo obiettivo cercava di dare concretezza ai primi due, individuando possibili luoghi di impegno diretto. Lo stesso Martini, profeticamente, intendeva così offrire percorsi per far vivere la città con maggiore coscienza, in modo che ci si potesse inserire in maniera consapevole e creativa all’interno del tessuto sociale delle varie comunità sui territori.

A che punto siamo con la formazione all’impegno socio-politico? Diocesi e parrocchie mostrano una sensibilità diffusa in questo ambito? Nelle comunità si coltivano le vocazioni al servizio al bene comune?
Possiamo e dobbiamo essere a un punto di svolta; la situazione del Paese e dell’Europa ce lo chiede. Per noi cristiani è un imperativo morale irrinunciabile. Questi ultimi decenni, infatti, sono stati caratterizzati da una generale crisi di partecipazione, civile e non, come se quanto accade intorno a noi non dovesse importare tutti o interessarci. Ciascuno ha guardato al proprio tornaconto personale, dimenticando le situazioni di fragilità e di povertà. Le diocesi e le parrocchie, allora, vanno ridestate dal torpore e dall’inattività degli ultimi tempi; vanno responsabilizzate, affinché la formazione socio-politica non venga tralasciata, ma ripensata e riproposta in forme nuove, che sappiano educare al confronto e al dialogo, all’ascolto profondo delle situazioni, a un discernimento reale sulle decisioni importanti da prendere. Il pontificato di papa Francesco ha ridato energia e slancio da questo punto di vista, senza tarpare le ali, ma spronando i laici e le laiche ad assumersi le proprie responsabilità anche nello spazio pubblico, senza aspettare il permesso di chicchessia.

Dal Concilio alla Laudato si’ e alla Fratelli tutti, il magistero abbonda di indicazioni a una responsabilità laicale nella “città dell’uomo”. Ma a volte sembra che certe indicazioni rimangano sulla carta. Cosa ne pensa?
Credo innanzitutto che i testi di riferimento – magisteriali e non – debbano essere letti, approfonditi, conosciuti. Questo è il primo passo da compiere. La politica è una tecnica e come tale va trattata: servono allenamento, studio, riflessione, sacrificio, impegno e dedizione. Non può essere improvvisazione. Sono necessarie, poi, tanta preghiera e tanta ascesi: molti dei politici cattolici che hanno ricostruito l’Italia erano grandi uomini di fede, in dialogo continuo con la trascendenza, consapevoli che la Provvidenza agisce nelle pieghe del tempo attraverso le vite degli uomini e delle donne che essa incontra sulla sua strada. Il terzo passaggio, infine, per niente semplice, è quello di incarnare ogni giorno i valori a cui ci si ispira, affinché diventino esempio convincente per tutti. L’icona che deve accompagnare l’impegno di ciascuno è quella della lavanda dei piedi, il gesto politico più rivoluzionario di tutti i Vangeli: il vero potere è servire e chinarsi sugli altri.

In un tempo tanto complesso abbiamo bisogno di “luoghi per pensare”. Dalla vostra ricerca sembra emergere questa forte indicazione…
Questo è fondamentale ed è il messaggio più forte del volume: abbiamo bisogno di comprendere ancora una volta l’importanza e la centralità della politica, nonostante la sfiducia che circonda questa parola. La politica è lo strumento privilegiato per organizzare la convivenza pacifica sulla terra, per migliorare le condizioni di vita delle persone. Abbiamo bisogno di luoghi che ci aiutino a “pensare politicamente”, a riflettere e studiare le questioni in maniera approfondita e multidisciplinare, senza integralismi o soprannaturalismi di sorta.La laicità della politica, infatti, fonda e provoca radicalmente la responsabilità dei laici cristiani: essa ci chiama a un forte senso della storia e dei mutamenti, prospettando quegli interventi necessari a rendere più umana la realtà in cui viviamo.