Per gentile concessione dell’Autore – Giulio Alfano – proponiamo, di seguito, un piccolo abstract di uno dei capitoli del libro democrazia della partecipazione edito da solfanelli.

Il testo partendo dall’analisi della crisi delle democrazie europee approfondisce la disamina della “democrazia della partecipazione” — soprattutto statunitense — alla luce delle riflessioni su metodi, strutture e programmi filosofico-politici dei principali pensatori occidentali.

Il testo nasce grazie ad un approfondimento dell’esperienza statunitense, soprattutto quella successiva al “New Deal” roosveltiano, e rappresenta una vera evoluzione rispetto alla tradizionale “democrazia del consenso” di antica ascendenza e conseguente alla rottura rivoluzionaria francese

 

LAICITÀ E POLITICA

Quando si parla cli ”laicità” si intende comunemente l’atteggiamento “neutro” dello Stato rispetto alle diverse Chiese, dalle quali prende le distanze attraverso una separazione che può apparire indifferente, ostile o cooperativa, tutelando nel contempo la libertà religiosa.

Il tema della laicità è stato introdotto nel dibattito filosofico-politico da Jules Feny, annoverato tra i fondatori della scuola pubblica francese degli ultimi decenni del XIX secolo, ed il concetto di “repubblica laica” è stato introdotto nella Costituzione francese nel secondo dopoguerra attraverso una premessa di imparzialità verso tutte le confessioni religiose.

In Italia negli ultimi due secoli si è realizzata una condizione di base favorevole ad una laicità pacifica, evitando le stragi che si sono consumate in Spagna durante la guerra civile del 1936-38; il personale politico italiano risorgimentale, dopo il fallimento delle teorie di Vincenzo Gioberti nel 1848, assunse idee liberali nell’ambito legislativo ed anche amministrativo ostile agli interessi del mondo cattolico, relativamente all’istituzione del matrimonio civile, all’espropriazione dei beni ecclesiastici e alla laicizzazione della scuoia.

La legge delle Guarentigie, approvata dal parlamento italiano dopo la presa violenta di Roma, fu assai riguardosa per l’esercizio della conservazione dell’indipendenza del potere del Pontefice Romano.

Tuttavia il decreto pontificio Non Expedit non si estendeva automaticamente al divieto di partecipazione al voto dei cattolici nelle elezioni amministrative e l’insegnamento della religione era svolto sotto il controllo delle amministrazioni comunali, che non cli rado erano guidate da esponenti del notabilato cattolico.