Michele Ainis lancia su Repubblica una proposta – il cosiddetto “governo di decantazione” – che alcuni giorni fa, anche se il celebre costituzionalista forse non lo sa, Rete Bianca e altre sigle cattolico democratiche e popolari avevano già sommariamente tratteggiato in un documento dato alle stampe. Una proposta, quella di Ainis, che ha un precedente storico.

E risale al 29 luglio del 1987 quando un giovanissimo, per l’epoca, Giovanni Goria vara il suo governo che dura ben 8 mesi e che, tuttavia, prepara la fase politica che dopo quel governo decollerà. Un governo, appunto, di “decantazione” o di “tregua” come si vuol definire, che centra comunque due obiettivi: evitare le elezioni anticipate che fanno letteralmente tremare quei partiti che sanno di andare incontro ad una sicura sconfitta elettorale e, soprattutto, che sappia ripulire le molteplici scorie che hanno travolto la dialettica politica italiana degli ultimi mesi.

Soprattutto tra i due partiti che si apprestano a costruire una nuova maggioranza politica: e cioè, il Partito democratico e il partito di Grillo e Casaleggio. A volte, il ritorno dell’antico, e anche della saggezza politica e parlamentare che caratterizzava quella lunga stagione politica, può essere utile per districare una matassa sempre più aggrovigliata e confusa. Perché è inutile aggirare la contraddizione, seppur ammantata di nobili motivazioni.

Quando ci sono ribaltoni così eclatanti – e cioè, i 5 stelle che dopo aver governato con la destra sovranista sono disponibilissimi a stringere un accordo politico e di lunga durata con la sinistra di Zingaretti – è quantomai necessario una fase, appunto, di decantazione e di tregua. E’, probabilmente, questa, l’unica soluzione capace di ridare un minimo di credibilità alla politica, salvare la centralità delle istituzioni, conservare il ruolo non grottesco dei partiti e, soprattutto, restituire una pagina di serietà alla stessa azione di governo.