Da ragazzo l’autore si chiedeva cosa volesse dire Paolo VI quando affermò che la politica era la forma più alta di carità. In realtà, quando occorrono soluzioni dolorose ma indispensabili per risanare un guasto, si generano grandi contrapposizioni. Il Papa sapeva bene quanto fosse difficile pagare personalmente un prezzo, per dare sollievo alla propria comunità, anche a costo della impopolarità. E oggi, qual è l’impatto di quell’insegnamento?

Le persone più attente ai comportamenti della politica, hanno dimenticato da tempo la presenza nell’agone istituzionale la presenza di leader intenzionati a farsi carico dell’inevitabile peso da portare sul proprio groppone, di scelte difficili ed impopolari ma necessarie da intraprendere, molto prima che i frutti positivi nel tempo possano premiarli per il coraggio avuto. È buffo e drammatico che ormai si valutino inadatti alle attività politiche coloro che vanno controcorrente, ed ancor più coloro che scelgono la strada molto più complicata di dire la verità e di proporsi di sfidare questo modo di essere. 

Con un clima siffatto si spiegano così le centinaia di situazioni vitali ma bisognevoli di cure per la vita comunitaria, abbandonate a se stesse per la sola ragione che trova contraria qualche porzione di opinione pubblica, o per interesse o per ignoranza o perché la proposta proviene da chi rappresenta una posizione avversa al proprio schieramento partitico. Dunque un tema importante per la vita delle persone, che può per questi motivi essere abbandonata a se stesso. Magari potrebbe pure diventare emergenza riconosciuta da tutti, ma solo quando gli effetti della mancanza di custodia del problema avranno procurato guai gravi e disastri visibili. In questo caso, lo si sa, i rimedi che si troveranno con il disastro già procurato saranno spinti da scelte esagerate, tipiche di chi ha la coda di paglia. 

Quando ero un ragazzo mi sono chiesto più volte cosa volesse dire Paolo VI quando affermò che la politica fosse la forma più alta di carità. Mi sono convinto nel tempo che quel grande Papa volle dare così alto valore all’impegno in politica responsabile senza risparmio, per valorizzare i gravi pesi da sopportare come conseguenza di avversità e malintesi a cui sono sottoposti politici di buona volontà. Sapeva che in tali circostanze, quando occorrono soluzioni dolorose ma indispensabili per risanare un guasto, si generano grandi contrapposizioni: sapeva bene quanto fosse difficile pagare personalmente un prezzo, per dare sollievo alla propria comunità. Infatti chi sfida  l’impopolarità potrebbe minare un proprio potere nell’immediato, come potrebbe procurarsi dolorose contestazioni e fraintendimenti, oltre che inimicizie pericolose. Ecco, nonostante questi rischi, chi fa prevalere la responsabilità sull’interesse immediato, esprime una politica di grande carità verso il prossimo.  

Paolo VI arrivò persino a collocare la “carità politica”  per importanza e valore subito dopo la preghiera, come forma alta di carità verso la Comunità e come sacrificio da offrire al Signore Dio nostro. Proprio ieri, a Bologna, Mario Draghi nel commemorare un Cristiano di qualche decennio fa in politica come Beniamino Andreatta, ha ricordato sue preziose e significative ammonizioni: “Occorre prendere decisioni necessarie anche quando sono impopolari; le cose vanno fatte quando si devono fare anche se sappiamo che il risultato lo avremo molto più in là del tempo. Occorre coniugare autonomia ed immediatezza, nel dire i si è i no, per evitare che tutto sia travolto dalla irresponsabilità”. 

Parole sante per l’Italia odierna che necessità di uscire dall’opportunismo cieco che indebolisce ogni sforzo necessario per portarci nel futuro. Lo sa bene Mario Draghi che mentre trascina il fardello che incombe sull’Italia, intorno a lui spesso si inscenano cosiddette azioni politiche, non per aiutare nello sforzo, ma per il contrario travisando le regole della convivenza democratica e del buon senso.